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Scoperta proteina bifronte, aiuta e blocca tumore polmone

Scoperta proteina bifronte, aiuta e blocca tumore polmone

Si chiama hMena ed è una proteina bifronte, che in una sua versione aiuta il tumore del polmone e lo fa sviluppare, mentre in un'altra versione lo tiene a freno.
La scoperta, pubblicata sulla rivista Oncogene, si deve al gruppo italiano dell'Unità di Immunologia dei Tumori e Immunoterapia dell'Istituto Regina Elena di Roma.
Con il coordinamento di Paola Nisticò e Francesca Di Modugno come primo autore, la ricerca ha individuato i due volti della proteina, che agisce regolando il recettore cellulare chiamato integrina beta-1, una delle 'finestre molecolari' (integrine) che permettono alle cellule del tumore di comunicare con l'ambiente che le circonda. L'integrina beta-1, in particolare, è specializzata nel favorire la formazione delle metastasi in diverse forme di tumore.
"Il ruolo delle varianti di hMena è di rilevanza clinica e traslazionale - spiega Di Modugno -, dato il coinvolgimento dell'integrina-beta1 nella resistenza a diverse terapie anti-neoplastiche".

I ricercatori sono riusciti a scoprire la proteina bifronte analizzando alcuni tumori poveri della proteina capaci di attivare l'integrina beta-1. Questa forma di tumore è stata osservata nei pazienti con una prognosi migliore, mentre, se la proteina era abbondante, la prognosi era negativa.
Lo studio, che richiederà una validazione in studi clinici più estesi, è stato sostenuto dall'Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc).
Alcuni anni fa, il gruppo di ricerca del Regina Elena, coordinato da Paola Nisticò, aveva dimostrato che la proteina hMENA produce diverse forme proteiche durante la progressione tumorale. Adesso è chiaro il meccanismo con il quale le sue due varianti svolgono funzioni opposte.
Ricerche di questo tipo, ha osservato Nisticò, "rappresentano una nuova frontiera nella ricerca dei meccanismi di metastatizzazione e resistenza delle terapie". Per il direttore scientifico dell'Istituto Regina Elena, Gennaro Ciliberto, "lo studio testimonia il continuo interesse dell'Istituto a individuare biomarcatori che segnalano la capacità del tumore a progredire e a mettere a punto nuovi strumenti diagnostici che possono essere di utilità clinica per i nostri pazienti".

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