«Posso confermare che la lettera della famiglia di Emanuela Orlandi è stata ricevuta dal cardinale Pietro Parolin e che verranno ora studiate le richieste rivolte nella lettera». Così il direttore della Sala Stampa vaticana, Alessandro Gisotti, ha risposto oggi alle domande dei giornalisti a proposito della notizia pubblicata Corriere della Sera sul caso di Emanuela Orlandi, la quindicenne figlia di un commesso della Prefettura della casa pontificia misteriosamente scomparsa a Roma il 22 giugno 1983.
La famiglia Orlandi, infatti, tramite il suo legale Laura Sgrò, ha presentato formale istanza al segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, per riaprire una tomba sospetta nel cimitero teutonico, campo santo custodito all’interno delle Mura vaticane. Appoggiato a una parete del cimitero, scrive il Corriere, c'è la statua di un angelo che tiene un foglio con la scritta in latino «Requiescat in pace», «Riposa in pace».
Per terra una lastra con una scritta funeraria dedicata alla principessa Sofia e al principe Gustavo von Hohenlohe che nel 1857 fu nominato arcivescovo da papa Pio IX. L’estate scorsa una lettera con allegata la foto della tomba è stata recapitata all’avvocatessa Sgrò: «Cercate dove indica l'angelo». A quel punto sono state avviate indagini difensive effettuando verifiche sullo stato dei luoghi e si è scoperto che la tomba è stata aperta almeno una volta e che la datazione della statua è diversa da quella della lastra.
Ma si è soprattutto «verificato che alcune persone erano state informate della possibilità che i resti di Emanuela Orlandi fossero stati nascosti nel cimitero teutonico». «Alcune fonti - è scritto nell’istanza depositata dall’avvocato Sgrò il 25 febbraio scorso - riferiscono che più persone da anni sono solite deporre i fiori in segno di pietà nei confronti dell’Orlandi che lì sarebbe seppellita. Per fugare ogni dubbio sul contenuto, si ritiene opportuno una ricerca negli archivi di ogni documento relativo a tale loculo per individuare chi vi risulti essere stato sepolto. In ogni caso si chiede l’apertura della tomba alla presenza della sottoscritta di un rappresentante della famiglia Orlandi e del nostro consulente tecnico, il dottor Giorgio Portera, affinché possa partecipare alle operazioni con tutte le garanzie necessarie vista la gravità del caso».
Dopo la riapertura il 14 maggio 2012 della tomba di 'Renatino' de Pedis, boss della Magliana, nella basilica romana di Sant'Apollinare, dopo le verifiche condotte sulle ossa umane ritrovate il 30 ottobre scorso sotto un pavimento nella sede della Nunziatura apostolica in Italia, in Via Po - in ambedue i casi con esiti negativi -, ora si cercherà il corpo della povera Emanuela anche in una tomba in Vaticano? Sarà quest’ultima richiesta della famiglia a indirizzare le indagini verso la soluzione di uno dei più fitti misteri che coinvolgono Italia e Santa Sede? L’istanza, come detto dal portavoce vaticano, è nelle mani delle autorità d’Oltretevere che devono decidere in materia.
Intanto l’avvocato della famiglia, Laura Sgrò, oggi afferma: «Visto che il Papa ha deciso l’apertura degli Archivi Vaticani per il Pontificato di Pio XII nel 2020, facciamo un appello al Pontefice affinché ci dia accesso al fascicolo che riguarda le indagini sulla scomparsa di Emanuela Orlandi». «Ho chiesto di avere accesso al fascicolo già due anni fa, ma né dal cardinale Parolin né da altri è mai arrivata alcuna risposta formale. Papa Francesco faccia chiarezza anche su questa storia, che ha coni d’ombra terribili - aggiunge la legale -. Credo che le cose debbano essere fatte anche per escluderle».
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