Ancora fermi al largo delle coste di Lampedusa, con il ministro dell’Interno Matteo Salvini che firma il divieto di ingresso nelle acque italiane e i controlli medici a bordo per valutare le condizioni dei migranti. Dieci di loro - donne, bambini e persone malate - possono scendere, gli altri 43, tra cui quattro minori non accompagnati, «possono restare lì fino a Capodanno», minaccia Salvini.
«In Libia non torneremo, mai», le parole dell’ong che continua a invocare un «porto sicuro» e non il ritorno in un Paese dove «negli ultimi dieci giorni sono stati bombardati un ospedale e un aeroporto». Continua, per il quarto giorno consecutivo, il braccio di ferro tra la Sea Watch e le autorità italiane.
La giornata si apre con l’annuncio, da parte di Salvini, della firma del divieto di «ingresso, transito e sosta» dell’imbarcazione nelle acque italiane, un provvedimento - controfirmato in serata dai ministri Toninelli e Trenta - rafforzato dall’entrata in vigore, proprio oggi, del decreto sicurezza bis. La violazione del divieto, infatti, costerebbe all’equipaggio una multa da 10 a 50 mila euro e il rischio anche di confisca della nave.
Nel primo pomeriggio sulla Sea Watch arrivano medici e sanitari, per sincerarsi delle condizioni di salute dei 53 migranti salvati martedì scorso a 47 miglia dalle coste libiche: tre minori, tre donne di cui due incinte, due accompagnatori e due uomini malati vengono autorizzati allo sbarco dal ministro Salvini. Per gli altri continua l’incubo in mare. «Questi dovevano andare in Libia, potevano andare in Tunisia o a Malta: sono arrivati in Italia - l’accusa del vicepremier -. L'hanno chiesto loro il porto alla Libia, la Libia lo ha dato e loro hanno disobbedito».
«Il fatto che la Libia non sia un porto sicuro non è una nostra valutazione - la replica della portavoce dell’Ong, Giorgia Linardi -. Riportando indietro queste persone commetteremmo un respingimento collettivo, un crimine per cui l'Italia è già stata condannata. La Libia è internazionalmente non riconosciuta come un porto sicuro e lo dice la stessa missione Onu in Libia, l’Unhcr, la commissione Europea, la nostra Farnesina, lo stesso nostro ministro dell’Interno in tv lo scorso 25 maggio e il presidente libico Al Serraj».
La replica di Salvini non si fa aspettare e arriva in serata. «Ci sono persone a bordo per scelta di questi delinquenti, per scelta di questi sequestratori di esseri umani - denuncia -. Bambini, donne incinte e malati scendono, questi delinquenti risponderanno alle loro coscienze di eventuali problemi».
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