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Febbre e affanno, i sintomi del Coronavirus e quando chiamare il 118

Mentre crescono i casi in Italia che hanno superato quota 5 mila, nell'attesa di vedere gli effetti dei 14 giorni di misure di contenimento l'appello è quello di proteggere chi è più fragile: gli anziani. Proprio loro sono le vittime più esposte del coronavirus, in un paese che ha livelli record in Europa di over 65: sono il 35% della popolazione.

Un appello chiaro, ripetuto più volte dal presidente dell'Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro che nel corso della conferenza stampa con la Protezione Civile ribadisce la necessità di non esporli a contatti.

La preoccupazione di epidemiologi e istituzioni è quello di gestire l'emergenza ma anche di dare informazioni più chiare possibili per far comprendere come comportarsi, per non creare caos e non cadere nella psicosi.

Sono l'affanno (che in termine medico si chiama dispnea) e la febbre i sintomi iniziali più comuni nei pazienti positivi al Covid-19 che muoiono, e se si presentano insieme si dovrebbe allertare il 112 o il 118, afferma l'analisi dei dati dei 155 pazienti italiani deceduti al 6 marzo condotta dall'Istituto Superiore di Sanità.

Febbre e dispnea sono presenti come sintomi di esordio rispettivamente nell'86% e nell'82% dei casi esaminati, si legge nella nota dell'Iss. Altri sintomi iniziali riscontrati sono tosse (50%), diarrea ed emottisi, cioè tosse con sangue (5%).

"Questi dati suggeriscono che per chi presenta solo febbre è sufficiente allertare il proprio medico rimanendo a casa - spiega Silvio Brusaferro, presidente dell'Iss, che durante la conferenza stampa quotidiana alla Protezione Civile ha ricordato che è 37,5 la temperatura di riferimento -, mentre in presenza di entrambi i sintomi è meglio contattare il 112 o 118. In ogni caso ricordiamo che bisogna assolutamente evitare di andare per proprio conto dal medico o al pronto soccorso, per evitare di esporre il personale e i pazienti a rischi. Seguire questa e tutte le altre norme di prevenzione dettate in questi giorni è fondamentale per rallentare il più possibile l'epidemia e proteggere le persone più fragili. Le misure individuali di limitazione dei contatti sociali sono fondamentali per poter contrastare il virus, facciamo appello al senso di responsabilità di tutti".

E l'età media delle persone che muoiono positive al Covid-19 in Italia è di 81,4 anni, e oltre il 60% di queste ha tre o più patologie preesistenti, conferma un altro studio condotto sempre dall'Istituto Superiore di Sanità sulle 155 persone decedute positive al 6 marzo, che aggiorna quello reso noto qualche giorno fa su 105.

I decessi avvengono in grandissima parte dopo gli 80 anni e in persone con importanti patologie preesistenti: nel dettaglio la mortalità è del 14,3% oltre i 90 anni, dell'8,2% tra 80 e 89, del 4% tra 70 e 79, dell'1,4% tra 60 e 69 e dello 0,1% tra 50 e 59, mentre non si registrano decessi sotto questa fascia d'età.

Complessivamente, 21 pazienti (15,5% del campione) presentavano 0 o 1 patologia, 25 (18,5%) presentavano 2 patologie e 70 (60,3%) presentavano 3 o più patologie. Ma in tutte le fasce di età la letalità nella popolazione italiana è più bassa rispetto a quella osservata in Cina.

La letalità complessiva in Italia sui 155 casi risulta invece del 2,9% contro il 2,3% della Cina perché in Italia c'è un maggior numero di pazienti anziani, legato proprio alle caratteristiche demografiche del paese. Non resta che tenere alta l'attenzione. "Abbiamo dei focolai in diverse parti di Italia, per capire se le misure di contenimento sono state efficaci bisogna aspettare ancora 7 giorni" ha spiegato il vice ministro alla Salute e medico Pier Paolo Sileri.

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