«Cari fratelli e sorelle, buon giorno! Oggi che la piazza è aperta possiamo tornare. È un piacere!». Lo ha detto Papa Francesco affacciandosi dalla finestra del Palazzo Apostolico per il Regina Caeli. L’ultima volta che la preghiera domenicale si era svolta con i fedeli in piazza era stato il 1° marzo. I pellegrini presenti, distanziati e con mascherine, hanno salutato il pontefice con un lungo applauso. "Non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci...in Piazza», ha concluso Papa Francesco salutando i fedeli.
Nella Chiesa di oggi, «possiamo chiederci: 'Che cosa ci unisce, su che cosa si fonda la nostra unità?'. Anche tra noi ci sono diversità, ad esempio di opinioni, di scelte, di sensibilità. La tentazione è sempre quella di difendere a spada tratta le proprie idee, credendole buone per tutti, e andando d’accordo solo con chi la pensa come noi. Questa è una brutta tentazione che divide». Così Papa Francesco nell’omelia della Messa di Pentecoste.
«Ma questa è una fede a nostra immagine - ha sottolineato il Pontefice -, non è quello che vuole lo Spirito. Allora si potrebbe pensare che a unirci siano le stesse cose che crediamo e gli stessi comportamenti che pratichiamo. Ma c'è molto di più: il nostro principio di unità è lo Spirito Santo. Lui ci ricorda che anzitutto siamo figli amati di Dio. Lo Spirito viene a noi, con tutte le nostre diversità e miserie, per dirci che abbiamo un solo Signore, Gesù, e un solo Padre, e che per questo siamo fratelli e sorelle!».
«Lo Spirito non vuole che il ricordo del Maestro sia coltivato in gruppi chiusi, in cenacoli dove si prende gusto a 'fare il nido'». Il «segreto dell’unità» è il dono. Così Papa Francesco durante l’omelia della Messa di Pentecoste all’Altare della Cattedra, nella Basilica di San Pietro. E fare il nido, ha sottolineato a braccio, «è una brutta malattia della Chiesa, la Chiesa non comunità, non famiglia, non Madre ma 'nido'».
Lo Spirito, ha aggiunto il Pontefice «apre, rilancia, spinge al di là del già detto e del già fatto, oltre i recinti di una fede timida e guardinga. Nel mondo, senza un assetto compatto e una strategia calcolata si va a rotoli. Nella Chiesa, invece, lo Spirito garantisce l’unità a chi annuncia. E gli Apostoli vanno: impreparati, si mettono in gioco, escono. Un solo desiderio li anima: donare quello che hanno ricevuto».
Ecco che il «segreto dell’unità», il «segreto dello Spirito» è «il dono». «È importante - ha aggiunto Francesco - credere che Dio è dono, che non si comporta prendendo, ma donando. Perchè è importante? Perchè da come intendiamo Dio dipende il nostro modo di essere credenti. Se abbiamo in mente un Dio che prende e si impone, anche noi vorremo prendere e imporci: occupare spazi, reclamare rilevanza, cercare potere. Ma se abbiamo nel cuore Dio che è dono, tutto cambia. Se ci rendiamo conto che quello che siamo è dono suo, dono gratuito e immeritato, allora anche noi vorremo fare della vita un dono. E amando umilmente, servendo gratuitamente e con gioia, offriremo al mondo la vera immagine di Dio. Lo Spirito, memoria vivente della Chiesa, ci ricorda che siamo nati da un dono e che cresciamo donandoci; non conservandoci, ma donandoci».
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