La nuova tabella di marcia nazionale, decisa nella tarda serata di ieri in Consiglio dei ministri, dopo una lunga mediazione, è la seguente: le scuole elementari e le medie, oltre a quelle dell’infanzia, riaprono regolarmente giovedì 7 gennaio; le scuole superiori di secondo grado rivedranno in aula i ragazzi da lunedì 11 gennaio, con presenze al 50%. Ma non sarà così per tutto il Paese.
«La curva non scende nonostante le restrizioni. Me lo dicono gli scienziati, non possiamo riaprire le scuole», sottolinea dal canto suo il governatore del Veneto, Luca Zaia, che osserva che nella sua regione «la didattica a distanza proseguirà fino al 31 gennaio. Non è una scelta politica, questa è attenzione alla salute dei cittadini». Per Zaia non si può riaprire il 7 gennaio. «Ascolto autorevoli scienziati che segnalano il pericolo di una ripresa dei contagi. Il dipartimento di prevenzione del Veneto - evidenzia - ha prodotto un documento che dice che non è il caso di rischiare. Ho preso quella decisione esclusivamente per ragioni sanitarie».
In Piemonte gli studenti delle scuole superiori torneranno il classe il 18 gennaio "compatibilmente con l’andamento dell’epidemia». La decisione fa parte dell’ordinanza che il presidente della Regione Alberto Cirio firmerà nelle prossime ore ed è stata condivisa dalla Regione con le Prefetture, i sindaci dei Comuni capoluogo, i presidenti delle Province, i rappresentanti degli Enti locali (Anci, Anpci, Upi, Uncem e Ali-Legautonomie), Elementari e medie riprenderanno in presenza il 7 gennaio.
«La scelta di rinviare la riapertura delle scuole superiori in presenza è stata difficile e combattuta perché avremmo voluto dare un senso di ritorno alla normalità», scrive il presidente della Regione Marche, Francesco Acquaroli, in un post sul suo profilo facebook. Secondo il governatore, la decisione di mantenere la didattica a distanza al 100% fino al prossimo 31 gennaio è conseguenza di «due ostacoli insormontabili». Il primo riguarda «la tenuta delle strutture ospedaliere», visto che «dopo due mesi di restrizioni abbiamo oltre 550 ricoveri e 65 persone in terapia intensiva». Il governatore parla chiaramente di «numeri preoccupanti davanti all’ipotesi di una terza ondata"; il secondo ostacolo è rappresentato dalla «necessità di limitare l’avanzata del contagio e con esso le misure restrittive che stanno producendo danni economici enormi».
La Regione Campania, che con il governatore Vincenzo De Luca, da diversi giorni aveva anticipato che il 7 gennaio non avrebbe riaperto in presenza alcuna scuola, ha deciso una propria ed unica, al momento, tabella di marcia: l’11 gennaio potranno tornare in classe gli alunni della scuola dell’infanzia e delle prime due classi della scuola primaria. A partire dal 18 gennaio sarà valutata dal punto di vista epidemiologico generale, la possibilità del ritorno in presenza per l’intera scuola primaria, e successivamente, dal 25 gennaio, per la secondaria di primo e secondo grado. Resta confermato che per quanto riguarda la didattica a distanza, anche in Campania le lezioni riprenderanno regolarmente il 7 gennaio.
L’Alto Adige, infatti, ha deciso di tentare un ritorno verso la normalità e, da giovedì 7 gennaio, apre anche gli istituti superiori con presenze fino al 75%. «In Alto Adige, dal 7 gennaio, gli studenti delle scuole superiori torneranno in presenza fino al 75% e con un minimo del 50%», hanno annunciato questa mattina, nel corso di una videoconferenza stampa, gli assessori provinciali alla Scuola, Giuliano Vettorato (istruzione in lingua italiana), Philipp Achammer (lingua tedesca) e Daniel Alfreider (lingua ladina). Come è stato sottolineato, il limite del 75% può essere diversamente rimodulato dal singolo istituto. Gli ingressi in classe saranno scaglionati. Friuli Venezia Giulia, Veneto e Marche, già nella giornata di lunedì scorso avevano deciso, con ordinanze, di rinviare a fine gennaio le lezioni in presenza e di proseguire fino a quella data, al 100%, con la didattica e distanza.
«Il problema non è tanto dentro l’aula: è prima e dopo. Ci sono assembramenti, c'è rilassatezza, i ragazzi vanno in giro in gruppo, parlano, fumano, si abbassano la mascherina. Sono gesti normali ma ora rappresentano un pericolo», spiega in un’intervista a la Repubblica Massimiliano Fedriga.
Non mancano, poi, oltre alle posizioni di altri governatori che non hanno emesso ordinanze ma esprimono scetticismo, oltre ad una profonda preoccupazione, su una riapertura delle superiori dall’11 gennaio, e le decisioni di alcuni presidenti di Provincia e di sindaci che hanno già deciso di non riapre le scuole in presenza nel mese di gennaio.
Dal mondo della scuola si alza la voce dei presidi, critici per il braccio di ferro tra Regioni e Governo che va avanti da diversi giorni: «Fatico a capire le motivazioni di questo tira e molla continuo tra Regioni e Governo.
Parlano i presidi
Come le loro visioni possano essere così distanti se si basano sugli stessi dati. Riprendere la frequenza il 7 o l’11 gennaio non cambia la situazione di contagi, scuole e trasporti», afferma il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli. «Se il rapporto dell’Iss attesta che le scuole, dove le mascherine vengono indossate e tutte le regole di distanziamento vengono rispettate, non sono focolaio di contagio, dobbiamo avere il coraggio politico di far tornare gli studenti in presenza - continua -. E se il problema è quello del trasporto pubblico, allora lo si deve riorganizzare o potenziare di conseguenza e senza indugi. Siamo tutti stanchi di polemiche politiche che a volte sembrano pretestuose. Oggi sono stati diffusi i risultati di un sondaggio di 'Save the Children' che ci racconta una generazione di studenti stanca, preoccupata, ansiosa che ha la sensazione di aver sprecato un anno e che pensa di pagare in prima persona il prezzo dell’incapacità degli adulti nella gestione della pandemia. Non possiamo far pagare a questi ragazzi un prezzo così alto», conclude Giannelli.
Per il governo, questa mattina, ha parlato la sottosegretaria alla Salute, Sandra Zampa. «Lo scenario davanti a noi è preoccupante - ha detto a Radio Anch’io Rai - e comprendo la scelta di rinviare l’apertura della scuola. Questi ragazzi stanno certamente pagando un prezzo importante, bisogna però avere il senso delle priorità del Paese. Se non ci sono le condizioni è inutile aprile la scuola per poi chiuderla dieci giorni dopo. Non serve assolutamente a niente».
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