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La richiesta: ristoranti aperti sino alle 22 in zona gialla. Ma il Cts frena

La Regione Lombardia avanza la richiesta di apertura avallata dal viceministro della Salute Pierpaolo Sileri

La Lombardia chiede di tenere aperti i ristoranti nelle regioni a zona gialla (quindi anche la Lombardia9 sino alla 22 e scoppia la polemica. Tutto nasce da una lettera formale inviata dal governatore Attilio Fontana e dall'assessore lombardo allo Sviluppo economico, Guido Guidesi, al governo nella quale chiedono che i ristoranti e le attività assimilabili possano svolgere la loro attività fino alle ore 22. Per i vertici di Regione Lombardia è «importante che tale decisione venga presa al di là della crisi politica in atto» e ciò in relazione «alla situazione di estrema emergenza in cui versa un’intera categoria». La richiesta di Fontana e Guidesi al governo, avviene alla luce dei dati dell’andamento epidemiologico, della campagna vaccinale ormai entrata nel vivo, nonché della necessità di scongiurare la crisi del settore dei pubblici esercizi. Il presidente e l’assessore di Regione Lombardia, chiedono infine al governo di «intraprendere ogni utile azione affinché sia concesso al mondo della ristorazione questa ulteriore facoltà, nel rispetto, ovviamente, delle misure di contrasto e contenimento dell’epidemia».

Confcommercio

Anche la Fipe-Confcommercio e la Fiepet-Confesercenti chiedono al Governo che si sta costituendo in questi giorni di emanare un Dpcm per consentire ai ristoranti di aprire a cena fino alle 22 in fascia gialla e durante le ore diurne in fascia arancione a chi ha spazi con tavoli. Osserva Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi: «Sarà un banco di prova importante per dimostrare da parte del nostro settore maturità e rispetto delle regole e chiediamo alle forze dell’ordine e alle amministrazioni comunali di darci una mano con i controlli in questa direzione».

La politica

«Fratelli d’Italia presenterà un ordine del giorno e un emendamento al decreto approvato lo scorso 14 gennaio ed all’esame del Senato per chiedere, nelle zone gialle la riapertura serale dei ristoranti fino alle ore 22, e nelle zone arancioni durante le ore diurne di riaprire a coloro che hanno spazi con tavoli. Il tutto, chiaramente, nel pieno rigoroso rispetto ed applicazione delle misure di sicurezza sanitaria». Lo dichiarano i capigruppo di Fratelli d’Italia al Senato e alla Camera dei deputati, Luca Ciriani e Francesco Lollobrigida e il deputato Riccardo Zucconi, capogruppo di FdI in Commissione - Attività produttive. «Fratelli d’Italia - spiegano - è stata sempre vicina alle categorie ed ai ristoratori, e in questi mesi attraverso una serie di iniziative ha raccolto le loro legittime richieste. Dopo un anno di chiusure imposte dall’epidemia e di mancate promesse di ristori da parte del governo, riteniamo che sia necessario lanciare un messaggio a tutto il settore della ristorazione che è possibile tornare a lavorare in sicurezza. E questo anche alla luce dei nuovi criteri di valutazione del Cts. Ci auguriamo che il nuovo governo accolga la nostra proposta, mettendo da parte l’arroganza che finora aveva contraddistinto il Conte bis», concludono gli esponenti di Fdi.

Il viceministro

«Lo sostengo da molti mesi, credo che i ristoranti possano essere riaperti, in zona gialla, in sicurezza e con controlli rigidi fino alle 22»: così ha detto il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri intervistato da Radio Popolare. «Sicuramente per le zone Gialle - ha aggiunto - credo che l'indirizzo sarà quello di tenere aperti i ristoranti alla sera».

Doccia fredda del Cts

«Non c'è alcun via libera del Comitato Tecnico Scientifico alla riapertura della ristorazione nelle zone e negli orari che attualmente ne prevedono la chiusura. Nel verbale della riunione del CTS del 26 gennaio 2021 vi sono indicate, anzi, alcune considerazioni sul rafforzamento delle misure restrittive adeguandole alle caratteristiche strutturali dei locali e alla tipologia del servizio reso. Una rimodulazione dei pacchetti di misure potrebbe modificare l’efficacia nella mitigazione del rischio». È quanto ha risposto il Comitato tecnico scientifico alla richiesta arrivata dal ministero dello Sviluppo economico sulla "riapertura di pubblici esercizi". «Circa la previsione di rimodulazione delle misure previste nelle diverse fasce di rischio», sottolineano gli esperti nel parere, «si rimanda alle
valutazioni del decisore politico». In ogni caso, sempre relativamente ai rischi, «andrebbero considerate le diverse tipologie dei pubblici esercizi, distinguendo» tra ristoranti e bar.  Il documento del Mise con il quale si proponeva l’adozione di misure finalizzate «a favorire la ripresa delle attività nel settore dei pubblici esercizi, in particolare bar e ristoranti», è stata analizzata dal Cts nella riunione del 26 gennaio. E gli scienziati, già nella premessa, ricordano che la situazione epidemiologica attuale, «pur mostrando una lieve diminuzione dell’incidenza nel paese, evidenzia ancora un rischio moderato/alto con un elevato impatto sui servizi assistenziali nella maggior parte delle regioni e province autonome». E sottolineano come il settore della ristorazione «presenza alcune criticità connesse all’ovvio mancato uso» delle mascherine, con «potenziale aumento del rischio in presenza di soggetti asintomatici». Non solo, ci sono altri due fattori che richiedono «altri elementi di cautela» nelle scelte da fare «prima di adottare ulteriori allentamenti delle misure di contenimento». Il primo è la ripresa delle scuole in presenza, per il quale bisognerà attendere almeno 14 giorni per valutarne l’impatto; il secondo è correlato «all’andamento in Europa della pandemia, che rimane a livelli di alta circolazione registrando, tra l’altro, una possibile maggiore trasmissibilità» dovuta alle varianti del virus. Per questo, è la conclusione degli scienziati, «circa la previsione di rimodulazione delle misure previste nelle diverse fasce di rischio, specificatamente per il settore della ristorazione in zona gialla e arancio, si rimanda alle valutazioni del decisore politico, segnalando tuttavia che una rimodulazione complessiva dei pacchetti di misure potrebbero modificare l’efficacia nella mitigazione del rischio.

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