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Vaccini, AstraZeneca sino a 65 anni ma Moderna ritarda

Il timore è che nella corsa tra le varianti e il vaccino stia vincendo il virus e così nella risposta al Covid si tenta di utilizzare meglio le armi che si hanno e di averne al più presto altre a disposizione. In Italia si va verso l’utilizzo di AstraZeneca anche per gli ultra 55enni e fino a 65 anni: manca solo il via libera definitivo dell’Agenzia del farmaco (Aifa). La sua omologa europea Ema avvierà presto la valutazione di un quarto vaccino, quello di Johnson&Johnson, di produzione statunitense e monodose. L’altro farmaco Usa, però, quello di Moderna, vedrà arrivare in ritardo la sua prossima fornitura all’Ue, prevista a febbraio, annuncia la Commissione europea (per l’Italia si calcolano circa 200 mila dosi in meno).

L’esecutivo comunitario domani con la presidente Ursula Von der Leyen lancerà una nuova strategia sui vaccini, nel tentativo di recuperare il ritardo dalla Gran Bretagna e da altri Paesi. Si prevede una procedura accelerata per l’approvazione di vaccini adattati alle nuove varianti - aumentandone di molto il sequenziamento - e una spinta alla collaborazione tra i produttori per incrementare le forniture (sia dei vaccini già autorizzati che di quelli per possibili nuovi ceppi virali). In Italia tecnici di Aifa, ministero della Salute e Regioni riuniti hanno dato l’ok alla somministrazione fino ai 65 anni di AstraZeneca, finora indicato dai 18 ai 55 anni. Ciò permetterebbe un’accelerazione della campagna vaccinale.

L'ultima parola spetterà alla Commissione tecnico scientifica dell’Aifa, investita dal ministro della Salute Roberto Speranza. Il nodo resta però la carenza di dosi. In Italia oltre 3 milioni di cittadini hanno ricevuto almeno uno "shot", quasi 1,3 milioni anche il richiamo (dato che aumenta lentamente perché in questa fase si utilizza molto Astrazeneca, con la seconda dose a 3 mesi). La fornitura di febbraio di Moderna all’Ue sarà recuperata a marzo, assicura l’azienda, che ha un contratto con l'Europa per 160 milioni di dosi (e intanto ne promette 300 milioni agli Usa tra marzo e luglio). Un’altra battuta d’arresto dopo i ritardi di Pfizer, che ha già consegnato in Italia oltre 3,2 milioni di dosi, di gran lunga la fornitura più consistente.

Così le Regioni proseguono in ordine sparso la vaccinazione e lamentano la scarsità di vaccini. «Nel Lazio ne facciamo 7-9 mila al giorno, ma potremmo farne 30 mila», spiega l’assessore alla Sanità Alessio D’Amato. Resta d’attualità la complicata ipotesi di acquisti autonomi delle Regioni. Il presidente veneto Luca Zaia attende una risposta su 27 milioni di dosi proposte da due diversi intermediari. «Ho parlato con il Commissario Arcuri - dice - che ha chiesto, per una verifica fino in fondo, se i vaccini corrispondono a quanto scritto nel contratto». Anche per il governatore della Lombardia Attilio Fontana - che sottolinea "le 250 mila adesioni per il vaccino su 726 mila over 80» - serve un’autorizzazione per l’acquisto diretto.

«Draghi usi la sua autorevolezza per reperire i vaccini», auspica il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini. Da Pfizer, però, secondo una fonte, si nega che ci sia disponibilità extra. Altro problema è la logistica. Delle Primule disegnate dall’architetto Stefano Boeri non si parla più molto, le Regioni non sembrano interessate a realizzarle. Il governo starebbe invece pensando di utilizzare caserme e hangar per vaccinare. come già si è iniziato a fare nel Lazio dall’aeroporto di Fiumicino fino all’Auditorium della Musica. Una svolta potrebbe arrivare dal vaccino 'one shot' di Johnson&Johnson, che l’Italia ha opzionato per decine di milioni di dosi e che l’Ema - ricevuta la richiesta di autorizzazione - potrebbe autorizzare entro metà marzo. Intanto negli Usa, scrive il New York Times, gruppi di ricercatori lavorano a un vaccino 'pancoronavirus', valido per l’intera famiglia di virus e pronto per la prossima epidemia.

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