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La Consulta deciderà sul "no" ai colloqui Skype dei detenuti al 41 bis coi figli

La questione sollevata dal tribunale per i minorenni di Reggio Calabria con due ordinanze di analogo contenuto

Il Palazzo della Consulta sede della Corte Costituzionale

E’ legittimo il decreto "antiscarcerazioni", approvato la scorsa primavera, nel punto in cui esclude per i detenuti al 41bis durante l’emergenza Covid la possibilità di avere colloqui via Skype con i propri figli minorenni? A deciderlo sarà la Corte costituzionale nell’udienza del 9 marzo prossimo, sulla base di una questione sollevata dal tribunale per i minorenni di Reggio Calabria con due ordinanze di analogo contenuto, nell’ambito di un procedimento riguardante i colloqui tra un detenuto sottoposto al regime speciale e la propria figlia di 5 anni. Nelle ordinanze, il tribunale denuncia, in primo luogo, la «disparità di trattamento» dei figli minorenni dei detenuti sottoposti al regime speciale rispetto a quelli di detenuti in regime ordinario, con la «lesione di diritti inviolabili dei minori stessi», come quelli di «intrattenere rapporti affettivi con i familiari detenuti, idonei a garantire un corretto sviluppo della loro personalità e una condizione di benessere psico-fisico del minore».
Inoltre, il tribunale evidenzia che la previsione di un divieto assoluto rappresenterebbe una misura «sproporzionata», in contrasto anche con l’articolo 27 della Costituzione, perché la pena deve consentire «trattamenti idonei al recupero sociale del reo» e, tra questi, «indiscussa importanza va attribuita al mantenimento dei rapporti familiari e soprattutto al recupero di quelli genitoriali». Infine, secondo il giudice rimettente, la valorizzazione dei rapporti tra genitori e figli minorenni sarebbe anche tutelata dai principi sovranazionali contenuti nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo che vietano pene inumane e degradanti e garantiscono il rispetto alla vita familiare.

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