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La corsa classista ai vaccini tra discriminazioni e logiche clientelari

Dopo settimane di mercato delle vacche il governo nazionale sta valutando l’idea di  archiviare il totem della priorità, criterio che ha identificato categorie di italiani da vaccinare con urgenza. Tra le ipotesi c’è anche quella di emulare il “modello Israele”, fondato sulla  tempistica scandita dalla sequenza anagrafica, dai più anziani ai più giovani. Fino ad oggi, invece, l’Italia ha interpretato il retrivo modello sociale dell’India, gerarchizzato in caste. Abbiamo assistito a un’immorale corsa al vaccino che ha  coniugato una latente concezione suprematista con un prosaico clientelismo, fiamma sempre ardente delle logiche politiche. Ci ritroviamo a misurare il  diritto alla vita con il valore sociale alterato dalla pandemia: vaccinare prima un avvocato o un odontoiatra? E perché non valutare il rischio delle commesse? Come non considerare la roulette russa che ogni giorno decide le sorti degli impiegati comunali? E i parrucchieri? «Che te lo dico a fare». Dopo i docenti universitari, s’intende. Con i migranti si dice “prima gli italiani”, con il vaccino prima gli italiani di categoria superiore.

Diverse regioni hanno dispensato i privilegi della prima classe,  forzando il senso dei criteri fissati per la seconda fase della campagna vaccinale. Tra questi i  “servizi essenziali” sono diventati il cavallo di Troia che ha innescato una strisciante forma di discriminazione, tendente a ribadire confini sociali di ispirazione medievale. E la Sicilia non si è sottratta a questo rigurgito di vassallaggio, tra le spinte dei valvassini e le proteste dei servi della gleba. Il governo regionale ha ceduto alla tentazione e si è incartato. La fila ordinata per i vaccini si è trasformata in una piazza vociante che reclama pari dignità, alla luce dei privilegi accordati ad alcune categorie professionali. Una bolgia che rischia di oscurare il valore della campagna vaccinale,  facendo prevalere la logica della scorciatoia, della corsia preferenziale, dei rapporti ammanigliati che modellano i diritti a immagine e somiglianza. Né si è mai alzata una voce istituzionale per frenare questa escalation di rivendicazioni.

Il diritto al vaccino ha esasperato una visione classista, secondo schemi arcaici più vivi che mai. Chi doveva garantire criteri inappuntabili ha preferito usare il metro della captatio benevolentie per accogliere sfacciati privilegi. Forse ora si volta pagina. Come sempre quando i giochi sono fatti, il dado è tratto e “chi ha avuto ha avuto ha avuto”…

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