
Mancavano pochi giorni alla fine della gravidanza per la 34enne Grazia che aspettava la sua seconda bimba, quando un forte dolore al torace, all’improvviso, ha fatto tremare tutta la famiglia. Colpita da un infarto nell’ultima settimana prima del parto, a causa anche di una malattia autoimmune, Grazia ha percorso circa 40 chilometri dalla città in cui vive, Monopoli, per arrivare al Policlinico di Bari. Qui i medici si sono trovati davanti a una scelta difficile: fare presto per salvare la vita a entrambe. E così, dopo pochi minuti, hanno deciso di far nascere prima la piccola con un cesareo e poi trattare in un secondo momento l’ostruzione coronarica della mamma. Una opzione che ha permesso a Grazia e alla piccola Elisabetta di tornare a casa insieme. «Adesso stiamo entrambe bene», racconta all’ANSA la mamma. «In quel momento - ricorda Grazia - temevo più per mia figlia che per la mia vita: poi, quando l’ho sentita piangere, l'emozione che ho provato è stata indescrivibile e ho cominciato a piangere anch’io».
La sorellina di Elisabetta, che ha solo due anni e mezzo, «è stata felicissima quando mi ha rivisto dopo dieci giorni», aggiunge Grazia, e «finalmente ha potuto riabbracciare me e vedere per la prima volta sua sorella». Grazia ci tiene a esprimere la propria gratitudine nei confronti dell’equipe del Policlinico, e ricorda che «dopo il parto mi hanno fatto trovare fiori e dolci: sono stata davvero tanto coccolata». La procedura standard, spiega il direttore di Cardiologia ospedaliera del Policlinico, Carlo D’Agostino, «avrebbe richiesto l’esecuzione di una immediata angioplastica coronarica con il posizionamento di stent, e l’utilizzo di alte dosi di farmaci antiaggreganti piastrinici. Ma per la signora, con una gravidanza quasi a termine, una terapia antiaggregante spinta avrebbe costituito un grave rischio di emorragia nel corso del parto». Grazia aveva una ostruzione di una delle arterie coronarie, dovuto a dissezione della parete. «Viste le condizioni cliniche - prosegue D’Agostino - si è deciso che la condizione a minor rischio fosse far partorire la signora mantenendo la massima protezione cardiologica, con la possibilità di intervenire immediatamente in caso di destabilizzazione». In 15 minuti si è riunito un team multidisciplinare, e il parto è avvenuto nella sala del laboratorio di emodinamica del reparto cardiologico, con gli emodinamisti e i cardiochirurghi pronti a intervenire. La mamma è stata trattata e sorvegliata cardiologicamente nei minuti e nei giorni successivi al parto nell’unità di terapia intensiva cardiologica ospedaliera (UTIC), e la sua bambina è stata ricoverata in neonatologia. «Non hanno subito alcuna conseguenza - assicura D’Agostino - possiamo dirlo con certezza dopo gli ultimi controlli».
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