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Avanza la variante Delta in Italia. Nuovo lockdown a Sidney

La variante Delta del Covid-19 avanza in Italia: nell’arco di un mese i casi sono quadruplicati, passando dal 4,2% del totale delle infezioni in maggio al 16,8% in giugno. Secondo la responsabile per le malattie infettive dell’Iss, Palamara, la Delta «presto rimpiazzerà la Alfa, il ceppo inglese, oggi ancora predominante», e sebbene «è mediamente più infettiva dell’Alfa" esiste «allerta, non allarme» al riguardo. Per Carlo La Vecchia, epidemiologo dell’Università di Milano, l’impatto della variante si sentirà «quando arriverà al 20-25%». «Abbiamo chiaramente la massima attenzione su tutte le varianti. Riteniamo che ci sia bisogno di fare un lavoro coordinato a livello internazionale per seguire con grandissima attenzione l’evoluzione della variante Delta e di tutte le altre varianti. L’Italia sta investendo il più possibile sul sequenziamento, sul tracciamento e continuerà a farlo» ha detto Roberto Speranza, ministro della Salute, a margine di un incontro a Napoli.

Intanto arriva il via libera del Cts alla riapertura in zona bianca delle discoteche. Ma con determinati paletti: solo quelle all’aperto, solo al 50% della capienza e solo ai possessori di green pass. Stabilire la data della riapertura spetterà poi al Governo.

Lockdown a Sydney, la Delta preoccupa anche in Tunisia

In Australia, nel frattempo, è stato imposto il lockdown per tutta Sydney, a causa dei nuovi casi di coronavirus causati dalla variante Delta. Dopo aver decretato ieri restrizioni in quattro distretti, si è deciso di estendere per due settimane il provvedimento a tutta la città, la più grande del Paese. E la Nuova Zelanda sospende la 'bolla di viaggiò in Australia a causa della nuova ondata. Preoccupa anche la situazione in Tunisia, dove il tasso di positività ha raggiunto il 35,03% e perfino il premier Mechichi - nonostante abbia ricevuto due dosi di vaccino - è risultato positivo. Tassi di contagio particolarmente alti in alcune regioni, che hanno costretto il governo domenica scorsa a decretare il lockdown generale in quattro governatorati del Paese e ad annunciare ieri nuove misure restrittive, modulate a seconda del numero di contagi.

«Sono allarmato da sempre e non ho mai smesso. Il virus evolve e dobbiamo essere in condizioni di seguirne le evoluzioni, riconoscerle rapidamente e possibilmente contenerle. La condizione è la stessa di un anno fa, con la differenza che ora abbiamo tanti vaccinati e non dovremmo tornare a una condizione epidemica pericolosa». Massimo Galli, direttore della Clinica Malattie Infettive dell’Ospedale Sacco di Milano, interviene ai microfoni di iNews24.it sulla variante Delta plus. «Per quel poco che adesso si può conoscere, potrebbe avere una maggiore capacità di diffusione», e sui sintomi, «non abbiamo molti dati che dicono che abbia un impatto clinico peggiore dell’altra. Se fosse vero che non causa la perdita dell’olfatto, non sarebbe un buon segno. Diventerebbe infatti, più difficile identificare il virus. Ma è tutto da verificare». Secondo Galli, i vaccini disponibili ad oggi potrebbero essere efficaci sulla variante Delta plus: «Non dovremmo avere sorprese negative» e per contrastarne la diffusione bisogna andare avanti con i vaccini e le dovute accortezze. Le riaperture dei locali in particolare, vanno fatte con debite cautele e indicazioni tecniche. Altra cosa fondamentale è portare sempre le mascherine con sé, nell’eventualità di trovarsi sia al chiuso che all’aperto, in situazioni affollate. Questo vale sia per le persone non vaccinate, sia per chi è vaccinato ed è un soggetto fragile o anziano».

Galli è a favore dell’apertura delle discoteche: «Le persone ballano lo stesso per strada e nelle abitazioni, magari anche incoscientemente. Riaprire le discoteche significa far ripartire un settore produttivo che possiamo considerare importante. Ma bisogna andare a ballare se vaccinati o dopo essere risultati negativi al tampone». Infine sugli anticorpi monoclonali: «Sono uno strumento terapeutico in più e servono quasi esclusivamente come presidio molto precoce su persone che rischiano un’evoluzione rapida e negativa della malattia. Mi domando quanto gli anticorpi monoclonali possano avere un futuro anche per l’immunizzazione passiva di chi non risponde ai vaccini, soprattutto nel caso degli immunodepressi».

La Vecchia: impatto quando la variante Delta sarà a 20%-25%

Vedremo un appiattimento della curva «e una possibile ripresa del numero dei contagi quando la discesa della variante Alfa, la ex «inglese», adesso predominante in Italia, verrà contrastata dalla risalita della Delta. Quando quest’ultima arriverà al 20-25%, ci sarà un impatto. Non lo osserviamo ancora perché, forse, siamo sotto quella soglia e perché comunque i numeri assoluti sono bassi, c'è poco virus in giro». Lo dice in un’intervista a La Repubblica Carlo La Vecchia, epidemiologo e ordinario all’Università di Milano. È possibile che nelle prossime settimane, come avvenuto ad esempio Regno Unito e Israele, «si osservi una inversione di tendenza nei contagi». In quei Paesi i casi gravi «sono molto pochi. C'è un aumento degli accessi negli ospedali del Regno Unito, più o meno un raddoppio nell’arco di 15 giorni dell’accesso nelle terapie intensive, ma i numeri assoluti sono comunque bassi».

Poi «non c'è praticamente un impatto sui decessi. Questo non esclude che le cose possano un pò peggiorare in futuro, ma rende estremamente improbabili ulteriori ondate di dimensioni analoghe a quelle dello scorso inverno per ciò che concerne Covid grave, ospedalizzazioni e decessi». Bisogna sbrigarsi «a fare le seconde dosi perché la prima non protegge bene dalla variante Delta. Abbiamo ancora meno della metà dei sessantenni e dei settantenni che hanno ricevuto le due dosi». Secondo La Vecchia i richiami andrebbero anticipati per gli over 60: «Andrebbero fatte 6-7 milioni di dosi. Poi ci si deve concentrare sulle seconde dosi a chi ha tra 50 e 59 anni. Anche se è difficile in questo momento cambiare l'impostazione della campagna vaccinale». Vanno protetti «tutti i cittadini italiani, ma i ragazzi e poi i bambini dovranno essere vaccinati per ultimi. I giovani si ammalano molto poco e quasi mai gravemente se hanno meno di venti anni». La Vecchia precisa che «non torneremo mai più ai livelli di marzo 2020 o all’inverno 2021 ma dobbiamo abituarci a convivere con questi strumenti che ci consentono di contenere la diffusione e le conseguenze cliniche».

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