Sono le 11.36 di martedì 14 agosto 2018 quando, durante un violento nubifragio, una porzione di circa 200 metri di ponte Morandi, viadotto della A10 che corre sopra l’alveo del torrente Polcevera, crolla. Progettato dall’ingegnere Riccardo Morandi e inaugurato nel 1967, il viadotto per decenni ha rappresentato un tassello strategico per la circolazione e l’economia di Genova, fungendo da snodo nei collegamenti con il nord Italia, la Francia e le aree industriali e commerciali del capoluogo ligure.
Storia di un disastro
Per questo, nel momento del disastro, sono centinaia i veicoli che stanno transitando su quella che viene considerata una delle principali arterie genovesi: camion, furgoni, auto, moto. Sotto quella pioggia battente, inghiottiti da enormi massi di cemento e cavi, quarantatré persone muoiono. Tra di loro 3 minori. L’ultimo corpo verrà trovato durante i funerali di Stato, celebrati il 18 agosto nel padiglione Jean Nouvel della Fiera di Genova, alla presenza delle massime cariche dello Stato. Sono invece 14 i feriti. La zona a ridosso del viadotto, dove insistono capannoni industriali e abitazioni, viene subito evacuata. Da quel momento vie, quartieri e delegazioni a ridosso del ponte crollato perdono il loro nome ufficiale: diventa tutto «zona rossa». Quasi 600 gli sfollati. Sono almeno 250 famiglie.
La macchina dell'emergenza
Nel frattempo la macchina dell’emergenza va avanti: il 20 agosto 2018, a soli sei giorni dal crollo, le prime 11 famiglie sfollate dall’area del disastro ricevono dal sindaco di Genova Marco Bucci e dal governatore Toti le chiavi di una nuova casa. Tra fine ottobre e i primi giorni di dicembre, tutti gli sfollati hanno un nuovo posto dove ricostruire la propria vita. E’ invece l’11 settembre quando, per la prima volta, si sente parlare di un «maxi decreto» per Genova. Lo annuncia l’allora ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli. Il decreto verrà firmato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il 28 settembre e convertito in legge due mesi dopo, il 15 novembre, attraversando sedute infuocate in Parlamento. Intanto, Genova preme per iniziare i lavori sui resti del Morandi: mentre Regione e Comune aprono viabilità alternative, realizzando addirittura una strada ex novo nello stabilimento Ilva di Cornigliano, destinata al traffico pesante per alleggerire la mobilità in assenza del cruciale viadotto della A10, si attende la nomina del commissario per la ricostruzione. Il 28 settembre si annuncia in via ufficiosa il nome del top manager genovese Claudio Andrea Gemme, presidente di Fincantieri Sistemi Integrati. Già pronto a dimettersi dall’incarico, Gemme viene subito «stoppato» da quella che sembra essere a tutti gli effetti una mancata sintesi tra Lega e Movimento 5 Stelle. Solo pochi giorni dopo, il 4 ottobre, finalmente arriva il nome del commissario che si occuperà di far realizzare un nuovo ponte per Genova: è quello del sindaco Marco Bucci. Il 13 novembre c'è la firma di Bucci al primo decreto da commissario. Da quella data, e sino al 21 di dicembre, i provvedimenti siglati saranno in tutto 21 e completeranno il quadro dei provvedimenti attuativi indicati dal Governo nel «decreto Genova».
L'inchiesta
A poche ore di distanza dal disastro, quando la conta delle vittime è ancora parziale, l’allora procuratore capo di Genova Francesco Cozzi (da poche settimane in pensione, ndr) annuncia l’apertura di un’inchiesta a carico di ignoti. Le ipotesi di reato sono omicidio colposo plurimo, disastro colposo e attentato alla sicurezza dei trasporti. Mesi dopo, nel 2020, si ipotizza anche il reato di crollo di costruzioni o altri disastri dolosi: nuove accuse che arrivano sulla base dello sviluppo delle indagini sulle barriere fonoassorbenti pericolose, uno degli ulteriori fascicoli aperti dopo l’inchiesta madre sul crollo, affidata ai pm Walter Cotugno e Massimo Terrile, coordinati dal procuratore aggiunto Paolo D’Ovidio. Da quel momento, infatti, l’indagine scoperchia una sorta di «vaso di Pandora» che porta ad aprire altri fascicoli: uno sui falsi report sullo stato di salute anche di altri viadotti, un altro - appunto - sulle barriere fonoassorbenti pericolose, e un altro ancora sulle condizioni delle gallerie della rete autostradale ligure. Per l’inchiesta madre vengono indagate 71 persone, più le Società Aspi e Spea: nel frattempo tre indagati muoiono e la loro posizione viene stralciata. A pesare sui tempi dell’inchiesta, non solo l’immensa mole di documenti su cui la magistratura e la Guardia di Finanza lavorano, ma anche la pandemia da Covid 19 che, però, non è comunque riuscita a bloccare nè la realizzazione del nuovo ponte, nè il lavoro della magistratura: il 22 aprile 2021, dopo quasi tre anni, la Procura genovese chiude infatti le indagini sul disastro.
La ricostruzione
Quattro giorni dopo, il 18 dicembre, il decreto numero 19 sancisce che il nuovo ponte sarà costruito da Salini-Fincantieri-Italferr. La «cordata statale» batte il gruppo Cimolai che aveva presentato 4 progetti, 3 dei quali siglati dall’archistar Santiago Calatrava. L’opera si ispirerà al progetto di Renzo Piano, nel frattempo nominato da Bucci supervisore a garanzia della qualità del progetto. Il ponte sarà costituito da un impalcato in acciaio e poggerà su pile in cemento armato. Non ci saranno stralli e il nuovo viadotto non si chiamerà «Morandi». Il nuovo viadotto vede la luce nell’estate 2020: il 3 agosto, alla presenza del premier Giuseppe Conte, c'è il taglio del nastro, mentre la sera del 4 agosto le prime auto tornano a viaggiare sul ponte che ha il nome «Genova San Giorgio». Il mondo intero guarda e l’Italia plaude ad un risultato arrivato in tempi rapidi: da allora si parlerà di «Modello Genova». La struttura, pulita e lineare, che con i suoi cassoni e la sua forma snella ricorda la chiglia di una nave, da 12 mesi riunisce le due sponde del Polcevera: un «rammendo» da 1.067 metri di lunghezza. A comporre la struttura 18 pile e 19 campate. A renderla «operativa», una rampa di accesso all’autostrada A7.
Tra revoca della concessione e ricostruzione
La vicenda di ponte Morandi, si dal momento del disastro, catalizza l’attenzione del governo, impegnato su più fronti: la necessità di garantire la ricostruzione in tempi rapidi di un’infrastruttura fondamentale per la Liguria, il dovere di fornire supporto alle famiglie delle vittime e la rilevanza di mettere sotto la lente e rivedere il rapporto col concessionario dell’autostrada, ovvero Aspi. Già dal pomeriggio del 14 agosto, giorno della tragedia, l’allora premier Giuseppe Conte, l’ex vicepremier e ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, il collega ai Trasporti Danilo Toninelli e l’allora capo della Protezione civile, Angelo Borrelli si recano a Genova. Il giorno successivo, il premier, al termine del consiglio dei ministri che si era tenuto in via straordinaria nella prefettura del capoluogo ligure, conferma che il governo ha avviato la procedura di revoca della concessione alla società Autostrade per l’Italia. Da quel momento comincia un percorso che, ad oggi, non si è ancora risolto, ma che vede la revoca «arenata». Mentre Genova piange le sue vittime, cerca però anche un riscatto immediato: la ferita per il capoluogo ligure e per il Paese intero è grande e bisogna dare un segnale immediato di reazione. Anche perchè il mondo intero ci guarda. Il 20 agosto, il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti viene nominato, con una specifica ordinanza di protezione civile, commissario per l’emergenza, in carica per 12 mesi, poi prorogata. La stessa ordinanza contiene l’assegnazione dei fondi stanziati dal Consiglio dei Ministri pari a 33,4 milioni. Non è l’unico segnale. Il 6 settembre 2018 arriva infatti la prima svolta da parte della magistratura: la procura di Genova iscrive i nomi di 20 persone nel registro degli indagati e, tra questi, figura l’allora a.d. di Autostrade per l’Italia, Giovanni Castellucci. Due anni dopo, l’11 novembre 2020, Castellucci, insieme all’ex numero due della società, Paolo Berti e all’ex numero tre, Michele Donferri Mitelli viene arrestato, ma per l’inchiesta sulle barriere fonoassorbenti, figlia dell’indagine madre sul crollo del Morandi: a lui e a Berti verranno revocati i domiciliari, mentre a Mitelli no.
L'impresa di Genova
Sono state 1200 le persone che hanno lavorato in quella che da molti è stata definita «l'impresa» di Genova, affinchè il ponte vedesse la luce in meno di 2 anni dal disastro. Un anno fa a tagliare il nastro per il nuovo tratto autostradale, c'erano il Capo dello Stato Sergio Mattarella, l’allora premier Giuseppe Conte e le altre alte cariche dello Stato. Erano tutti al fianco del presidente della Regione, Giovanni Toti, e del sindaco di Genova, Marco Bucci, rispettivamente commissario per l’emergenza e commissario per la ricostruzione. A rendere innovativo il nuovo ponte, i 1535 pannelli solari che alimentano in maniera sostenibile le luci e gli impianti. La struttura, poi, è costantemente monitorata: basti pensare alle 35mila foto scattate dai robot che effettuano sistematicamente le ispezioni e contribuiscono alla pulitura dei pannelli. Ma l’opera, il reale «rammendo» per quella vallata ferita dalla tragedia di 3 anni fa, non è concluso. La zona, oltre al ponte, aspetta di veder sorgere il «parco del Polcevera», il «cerchio rosso», progettato dallo studio di Stefano Boeri: il giorno della commemorazione del disastro, domani, partirà dunque un nuovo percorso di ricostruzione anche lì, con la posa della prima pietra del parco.
Verso il processo
In questo lasso di tempo, sono stati portati a termine due incidenti probatori, uno sullo stato di salute del viadotto, quindi una fotografia delle condizioni del Morandi al momento del crollo, e un secondo sulle cause vere e proprie del disastro, che si è chiuso quest’anno. Nonostante la pandemia, i lavori - pur un poco rallentati - sono proseguiti grazie anche alla realizzazione di maxi aule nel rispetto delle normative Covid, una alla Fiera di Genova, l’altra in un tendone allestito nell’atrio del tribunale. L’imponente lavoro d’inchiesta, che ha portato anche a rivedere tutto lo stato di salute della rete autostradale ligure, ha comportato anche una mole altrettanto imponente di interventi di manutenzione e ristrutturazione della stessa. Lavoro che, con la riapertura del paese dopo il primo lockdown della primavera 2020 ha causato enormi problemi alla viabilità della regione. Problemi che, tuttora, vengono di volta in volta affrontati in tavoli che coinvolgono periodicamente enti locali e Aspi che, nel frattempo, ha rinnovato la sua dirigenza ed è ancora concessionaria delle rete. Ora che il ponte è realizzato e le indagini sul disastro chiuse, si guarda al futuro processo che, come chiesto più volte dai familiari delle vittime, la maggior parte riuniti nel Comitato Ricordo Vittime ponte Morandi, «deve garantire giustizia e ridare speranza». Sarà un percorso lungo: soltanto di materiale informatico agli atti ci sono 55 terabyte, che corrispondono ad un equivalente di oltre 82 mila cd-rom, o più di 7 milioni di foto. Tra le carte anche oltre 400 intercettazioni.
Il terzo anniversario
Con la celebrazione della Messa nella basilica di Certosa, celebrata dall’arcivescovo Marco Tasca, sono cominciate le cerimonie del terzo anniversario del crollo di Ponte Morandi che il 14 agosto del 2018 causò 43 vittime e portò a sfollare 619 persone e ad abbattere quattro edifici civili.
In chiesa i ministri della Giustizia e delle Infrastrutture Marta Cartabia e Enrico Giovannini, con il sindaco Marco Bucci, il presidente della Regione Giovanni Toti, familiari delle vittime, cittadini comuni. A seguire ci sarà la cerimonia per l’avvio della costruzione del Parco della Memoria, disegnato dall’architetto Stefano Boeri, con la demolizione di alcuni edifici. Dopo la commemorazione delle vittime con gli interventi dell’arcivescovo, dell’imam, del sindaco, del governatore, dei ministri e di Egle Possetti, presidente del Comitato Ricordo vittime del Morandi. Tutto nell’area sotto il nuovo ponte.
Un dispiegamento di 400 #vigilidelfuoco fin dalle prime ore, 100 #USAR e 44 #cinofili per operare in uno scenario mai visto: tre anni fa il crollo del #ponteMorandi. #Pernondimenticare una tragedia dove 43 persone persero la vita #14agosto #Genova pic.twitter.com/NG6vBU8j5c
— Vigili del Fuoco (@emergenzavvf) August 14, 2021
Alle 11:36, momento del crollo del viadotto, ci sarà un minuto di silenzio e contemporaneamente sulla passerella che da ieri sera porta il nome «14 agosto 2018, in memoria delle 43 vittime del crollo del ponte Morandi», cittadini comuni e sfollati lanceranno nel torrente Polcevera 43 rose bianche, il lancio sarà accompagnato dai rintocchi di una campana tibetana, come avviene il 14 di ogni mese.
Per la tragedia del ponte Morandi la procura di Genova ha rinviato a giudizio 59 persone, tra le quali gli ex vertici di Aspi e della ex controllata Spea incaricata delle manutenzioni, e le stesse società. Le accuse, a vario titolo, sono di crollo doloso, attentato alla sicurezza dei trasporti, omicidio stradale, omicidio colposo plurimo, falso, omissione d’atti d’ufficio e rimozione dolosa di dispositivi per la sicurezza sui luoghi di lavoro.
Cartabia: "Nessun rischio per il processo, i responsabili saranno puniti"
«Non c'è mai stato alcun rischio per il processo sul crollo del Ponte. Non potrei essere qui, non potrei guardare negli occhi chi sta patendo un così profondo dolore se non potessi confutare con certezza le voci che sono state motivo di preoccupazione». Lo dice in una intervista a 'Il Secolo XIX' la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, placando le polemiche nate su un ipotetico blocco a causa della riforma del processo penale. «Al termine della cerimonia - ribadisce la ministra che sarà presente oggi durante la commemorazione per il terzo anniversario del crollo - mi farà piacere incontrare personalmente i familiari delle vittime per spiegare loro tutte le ragioni per cui gli allarmi circolati sono del tutto, del tutto, infondati. E questo vale non solo per il processo del Ponte Morandi, ma anche per tutti i processi che riguardano altri gravi disastri». E parlando della riforma aggiunge «lavora sui tempi della giustizia per assicurare un accertamento tempestivo di tutte le responsabilità, non per stroncare il lavoro dei giudici. Per questo introduce strumenti volti a sollecitare la conclusione delle varie fasi del processo in tempi ragionevoli. I familiari delle 43 vittime, Genova e tutta l’Italia hanno bisogno di una parola di giustizia sul crollo del ponte. E noi abbiamo il dovere di garantirla».
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