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'Ndrangheta, i Bonavota di Vibo e l'asse Piemonte-Calabria: arresti e sequestro da 2,5 mln anche a Reggio

Sono tutte ritenute responsabili, a vario titolo, di reati fiscali, fallimentari - aggravati dall’agevolazione mafiosa - e 2 di loro anche di concorso nell’associazione mafiosa denominata "'ndrangheta"

La Guardia di finanza di Torino, con il coordinamento della Procura della Repubblica del capoluogo piemontese, nell’ambito dell’operazione denominata «Cavallo di Troia», ha eseguito nelle provincie di Torino, Asti e Reggio Calabria, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 2 soggetti, nonché il provvedimento di sequestro preventivo, per 2,5 milioni di euro, a firma del Giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale, emesso, complessivamente, a carico di 8 persone (una delle quali, allo stato, irreperibile) tutte ritenute responsabili, a vario titolo, di reati fiscali, fallimentari - aggravati dall’agevolazione mafiosa - e, per 2 di loro, anche di concorso nell’associazione mafiosa denominata «ndrangheta».

La protezione della 'ndrina Bonavota

L’inchiesta ha consentito di individuare tre società edili collegate e al servizio della 'ndrina Bonavota di Carmagnola (Torino) collegata all'omonima cosca calabrese, sodalizio 'ndranghetista già emerso nel 2019 durante l'operazione «Carminius», condotta nel 2019. Secondo gli inquirenti gli indagati avrebbero gestito le imprese anche tramite prestanome grazie dall’appoggio fornito dalla cosca calabrese Bonovota che garantiva importanti commesse e protezione in caso di problemi.

Il doping fiscale

Abbattendo fittiziamente i debiti tributari e previdenziali, avrebbero attuato una sorta di doping fiscale, risultando così avvantaggiati rispetto alla concorrenza delle aziende operanti nei medesimi settori. Tra i destinatari dei sequestri figurano anche due professionisti, uno dei quali - ristretto in carcere - avrebbe agito, di fatto, quale referente tecnico.

Dal 2014 al 2017 avrebbe apposto visti di conformità al di fuori di ogni abilitazione formale e nella radicale mancanza di qualsivoglia documentazione idonea a giustificare, sostanzialmente, i dati indicati nelle dichiarazioni. È stato possibile, in tal modo, realizzare un articolato sistema di evasione fiscale, protratto fino al 2019, mediante l’impiego di crediti Iva inesistenti utilizzati per compensare, indebitamente, gli oneri previdenziali derivanti dall’utilizzo di lavoratori dipendenti, per un valore complessivo di circa 2,5 milioni.

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