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Pfizer: sciopero dei lavoratori a Catania contro l'annuncio di 130 esuberi

E' cominciato alle 22 di ieri lo sciopero di 24 ore dei lavoratori della Pfizer dello stabilimento di Catania contro la mobilità dichiarata dalla multinazionale del farmaco per 130 dipendenti del sito etneo.

La protesta, indetta da tutte le organizzazioni sindacali an che per chiedere un piano industriale di sviluppo che garantisca anche l'occupazione, si svolge in modo ordinato davanti ai cancelli della struttura, nella zona industriale di Catania.

Fino ad ora hanno avuto esito negativo gli incontri che sulla vertenza si sono tenuti in prefettura e nella sede di Confindustria etnea tra vertici della Pfizer, rappresentanze dei lavoratori, l'assessore regionale al Lavoro, Antonio Scavone e il prefetto Maria Carmela Librizzi. I sindacati hanno ritenuto insufficienti le risposte fornite dall'azienda.

Il vescovo di Catania: Pfizer non chiuda! Serve un "vaccino di speranza"

«Prevalga non la mano invisibile del mercato, ma l’intelligenza imprenditoriale che coniuga capitale umano e capitale economico. Come Chiesa siamo solidali con i lavoratori della Pfizer di Catania e ci appelliamo ai responsabili dell’azienda affinché trovino soluzioni che non privino un’altra città del Sud di quella opportunità che ha permesso a tante famiglie di vivere dignitosamente e di contribuire allo sviluppo del territorio. Non rendete Catania più povera! Con l’aiuto delle istituzioni politiche e dei sindacati si trovino vie d’uscita che scongiurino definitivamente la chiusura del prestigioso stabilimento etneo». Lo afferma l’arcivescovo di Catania, Luigi Renna, nel suo messaggio di solidarietà ai lavoratori della Pfizer che dalla scorsa notte protestano davanti ai cancelli della fabbrica contro i 130 esuberi e il pericolo di disimpegno del colosso farmaceutico.
«Negli ultimi mesi - aggiunge il vescovo di Catania - il nome Pfizer è stato associato alla speranza, quella di uscire dal tunnel della pandemia grazie al vaccino che ha messo in sicurezza la vita di milioni di persone. Non vorremmo mai che d’ora in poi a Catania questo nome fosse associato alla perdita di speranza che porterebbe circa un centinaio di famiglie al licenziamento o al trasferimento, privando ancora una volta la Città di opportunità lavorative».
Quando si chiude un’azienda, sottolinea Renna, «si ha una triste ricaduta su tutto il territorio: i giovani sono costretti ancora a emigrare, le famiglie stentano a formarsi, cresce la denatalità, si dà spazio alla precarietà, si creano le condizioni di disoccupazione che portano le persone più fragili a finire nelle trame della criminalità organizzata».
Il prelato cita Papa Francesco nella Evangelii gaudium: «Non possiamo più confidare nelle forze cieche e nella mano invisibile del mercato. La crescita in equità esige qualcosa di più della crescita economica, benchè la presupponga, richiede decisioni, programmi, meccanismi e processi specificamente orientati a una migliore distribuzione delle entrate, alla creazione di opportunità di lavoro, a una promozione integrale dei poveri che superi il mero assistenzialismo. L’economia non può più ricorrere a rimedi che sono un nuovo veleno, come quando si pretende di aumentare la redditività riducendo il mercato del lavoro e creando in tal modo nuovi esclusi».

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