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Cesare Battisti dall'ergastolo: "Vorrei assumere il dolore delle vittime"

Condannato per 4 omicidi commessi prima del 1979 (due personalmente, altri due per concorso morale e materiale), si trova detenuto nel carcere di Ferrara

«Non pretendo di mettermi nei panni delle vittime, mi sembrerebbe un insulto alla decenza: ma potrei tentare di assumere una parte del loro dolore se me lo permettessero": le parole sono di Cesare Battisti, ex terrorista dei Pac (Proletari Armati per il comunismo), condannato all’ergastolo per 4 omicidi commessi prima del 1979 (due personalmente, altri due per concorso morale e materiale), detenuto nel carcere di Ferrara, e le rivolge ai familiari delle sue vittime, in una lunga chiacchierata-intervista pubblicata dalla 'Nuova Ferrara e dagli altri quotidiani del gruppo Sae.

Per Battisti «la questione delle vittime è la più importante, più spinosa perché ormai non è più solo il legittimo dolore, ci si mette anche la politica che manipola». L’obiettivo finale? «Voltare una pagina personale e della storia italiana. Ecco cosa vorrei che succedesse infine».
Battisti ripercorre poi il suo stato detentivo in carcere a Ferrara, detenuto classificato As2, alta sicurezza terrorismo, pur a 3 anni dal ritorno in Italia, dopo l’arresto in Bolivia, nel 2019: «La mia battaglia attuale (in carcere, ndr) è quella di sottrarmi al regime carcerario As2, che come sentenziato non mi appartiene, ma perdura» impedendogli un percorso di socializzazione e rieducazione, perché ribadisce ai magistrati la sua volontà «di scontare la pena positivamente e costruttivamente». Nel carcere di Ferrara, da un anno, Battisti vive in questo regime As2, di semisolamento, coltiva l’orto da solo (il progetto Galeottorto), segue un corso di scrittura creativa. E scrive libri, due in pubblicazione nei prossimi mesi tra Italia e Francia.

Ripercorre il suo passato, e puntualizza che dopo il suo arresto e ritorno, al pm Nobili di Milano che lo interrogò, non aveva confessato i 4 omicidi per cui è stato condannato all’ergastolo: per i due omicidi Torregiani e Sababin (in concorso morale e materiale) dice che «lui non può essere il mandante di nessuno».
Nella seconda parte dell’intervista, che sarà pubblicata domani, sempre dalla Nuova Ferrara e dagli altri quotidiani del gruppo Sae, si rivolge all’ex presidente del Brasile, Luiz Inacio Lula Da Silva: «Mi sacrifica alla salvezza nazionale del Brasile...e ciò gli servirà a spodestare l’ex capitano Bolsonaro alle prossime elezioni».

«Ci tengo a dire, per la verità storica che mi riguarda, che nei confronti di Torregiani e Sabbadin la maggioranza del gruppo Pac, me compreso, aveva deciso di procedere a ferire, non uccidere queste due persone».
Lo ha detto Cesare Battisti, nell’intervista pubblicata da La Nuova Ferrara e dagli altri quotidiani del Gruppo Sae: Gazzetta di Reggio, Gazzetta di Modena, Tirreno e Nuova Sardegna.
Secondo Battisti, invece, lo accusarono «di essere stato il più deciso sostenitore della morte di queste due persone, ma non è così: ci tenevo a questa precisazione che non cambia nulla circa la mia posizione, perché per anni sono stato massacrato da stampa e opinione pubblica come il principale responsabile della morte di Torregiani e Sabbadin».
L’ex terrorista poi rammenta che «già nel 2011 trattavo con i diplomatici italiani per avere un rientro dignitoso in Italia, cioè non come quello di Ciampino». Contesta ancora l’operazione dell’estradizione dalla Bolivia: «Se qualcuno fosse interessato alla verità avrebbe facilmente scoperto che si è trattato di sequestro grossolanamente camuffato da espulsione falsa perché legalmente impossibile».

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