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Ponte sullo Stretto: l’Unione europea lo vuole, l’Italia come sempre si divide

L’opera più avversata nella storia del nostro Paese. Forse perché semplicemente è un Ponte tra Sicilia e Calabria?

Non c’è infrastruttura italiana che sia più voluta dall’Europa e osteggiata, invece, da una parte del Paese. E questo è difficilmente spiegabile, davanti all’Unione europea, perché se le opinioni e i giudizi contrastanti sono non solo legittimi, ma sacrosanti, è pur vero che sul Ponte che riguarda l’unione di Sicilia e Calabria, e la nascita di un’unica grande Regione dello Stretto (e forse è proprio questo il motivo...), c’è un accanimento mai registrato su altre opere pubbliche, anch’esse dal costo miliardario e dal notevolissimo impatto sui territori.

La polemica sulle risorse finanziarie è destinata a durare a lungo, almeno fino a quando il Governo non dimostrerà di averle reperite, insieme con il co-finanziamento della stessa Ue. E questo reperimento di risorse non sarebbe mai potuto avvenire, come ha spiegato il ministero dei Trasporti, nella sede del Def, che è un Documento di programmazione finanziaria, che indica le scelte strategiche, ma non è una Legge di bilancio. L’iter è stato appena riavviato, il decreto va convertito in legge e sta proseguendo il confronto sul testo esitato dal Governo e firmato dal presidente Mattarella (particolare che molti dimenticano o fingono di ignorare, sollevando dubbi di costituzionalità...), con una innumerevole serie di audizioni, a conferma che la democrazia non è calpestata.

Che si può e si deve discutere su un’infrastruttura di tali dimensioni, ci mancherebbe pure. Tenendo conto, però, che il dibattito sul Ponte è ormai secolare e che se, alla fine, vengono finalmente fatte delle scelte, vanno rispettate e portate avanti. E non dimenticando mai quel “piccolo particolare”, che diventa un macigno enorme sulle aspettative e sulle istanze di rilancio e di sviluppo economico della Sicilia: il costo dell’insularità, della mancanza di un collegamento stabile, viario e ferroviario, e di altre adeguate infrastrutture, che sottrae ogni anno alla nostra Isola sei-sette miliardi.

Si discute anche del colore del Ponte. «Sarà l’opera più “green” mai realizzata in Italia», va ripetendo da mesi il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini. Il quotidiano “Repubblica”, però, ha risposto al vicepremier con una serie di obiezioni, che partono dal dato in base al quale si sono sviluppati i ragionamenti di Salvini, e cioè lo studio sull’inquinamento nello Stretto redatto dal Rotary Club di Messina e Reggio, firmato dagli ingegneri Mollica e Musca.

Quello studio “sulle emissioni di sostanze nocive di navi e gommato nello Stretto di Messina”, «non è uno studio scientifico, realizzato da ricercatori e sottoposto al controllo di altri scienziati... è un elaborato amatoriale». I due autori hanno quantificato in «oltre 140 mila tonnellate annue le minori emissioni della sola anidride carbonica conseguenti alla costruzione del Ponte». Ma cosa «non dice il dato di Salvini», secondo il quotidiano? «Il primo motivo riguarda, per così dire, un'omissione: nei calcoli citati dal ministro delle Infrastrutture non sono mai menzionate le emissioni di CO2 che sarebbero prodotte con la costruzione del Ponte sullo Stretto.

Si pensi per esempio alle emissioni per la produzione dell'acciaio e del cemento necessario a realizzare l'opera, oppure causate dal traffico di mezzi pesanti per il cantiere. Senza entrare nel dibattito tra favorevoli e contrari al Ponte, è innegabile dunque che la costruzione di un'infrastruttura di questo tipo avrà un impatto ambientale non trascurabile. Sarebbe necessario condurre una "valutazione dell'impatto del ciclo di vita" del Ponte per quantificare quante emissioni produrrebbe lungo tutto il suo arco di utilizzo, a partire dalla produzione dei materiali e dai cantieri, e quante eliminerebbe. Ma a oggi uno studio “Lca” completo di questo tipo non c'è.... Non si prende poi in considerazione l'ipotesi che il nuovo Ponte genererà traffico automobilistico aggiuntivo rispetto a quello che c'è già oggi».

L’ing. Giovanni Mollica, tirato in ballo, replica: «Il calcolo fatto nel libro dell’ing. Musca e mio è abbastanza corretto: nel solo traghettamento si risparmiano circa 144 mila ton di CO2. Obiezione: non si tiene conto della fase di costruzione che causa circa 1,5 milioni di ton di CO2. È certamente giusto. Ma se considero queste devo calcolare anche il risparmio derivante dalla maggiore competitività del trasporto di passeggeri e merci su ferro anziché su gomma o aereo. Sennò è come se paragonassi il prezzo di acquisto di un appartamento al canone annuo d’affitto e nessuno acquisterebbe più case. O, che è lo stesso, nessuno farebbe il “cappotto” agli edifici. Con o senza il 110%. Quasi tutti i 250 voli più frequentati in Europa potrebbero essere sostituiti da treni, con un risparmio di circa 23,4 milioni di tonnellate di CO2 equivalente all’anno. La riduzione di 2 ore di viaggio causata dal Ponte non induce persone e merci a usare il treno invece dell’aereo? Non è un’ipotesi: è una certezza, dimostrata da quanto accaduto negli ultimi 15 anni in tutto il mondo dove sono stati realizzati collegamenti ferroviari veloci sotto i 1.500 km. Forse che noi italiani siamo “diversi” e amiamo inquinare. Per questo, da decenni, prolunghiamo l’anomalia planetaria rappresentata dall’unica isola al mondo con più di centomila abitanti e distante meno di 2 miglia dal continente che non è collegata stabilmente alla terraferma. Col risultato, a parte i logici riflessi economici, che 3,5 milioni di siciliani prendono l’aereo per percorrere la distanza che separa Catania e Palermo a Roma. Se ipotizziamo che “solo” 5 su 10 di loro passasse al treno (ma le Frecce ne hanno spostati 7 su 10), grazie alle 2 ore in meno del Ponte, oltre alle 144 mila ton di Salvini, si risparmiano almeno altre 10 mila tonnellate. Se, poi, facciamo lo stesso calcolo per auto e Tir , con 2,5 automobilisti e 5 camionisti su 10 che percorrono “solo” 500 km (in realtà, i camionisti ne fanno da due a 4 volte), arriviamo a oltre 400 mila tonnellate e “ammortizziamo” in meno di 3-4 anni quanto emesso per la costruzione del Ponte. Un "investimento" straordinario per rendimento. Senza considerare che i lavori causano quantità infinitamente minori di sostanze altamente cancerogene (ossidi di zolfo, di azoto e particolato) rispetto ai motori e, anche questo conta. O no? Proviamo ad allungare la durata dell’Alta velocità Roma-Milano a 8 e più ore e torneranno tutti all’aereo, ci rendiamo conto del paradosso?».

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