Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Quattordicenne vittima di violenza di gruppo a Milano, prima picchiata con un bastone: un arresto e 4 indagati

Violentata, picchiata con un bastone nel periodo forse più buio della sua vita da adolescente, da giovani uomini e due minorenni dai quali aveva cercato un barlume di umanità o, perlomeno, un tetto sotto il quale stare. E la ragazzina di 14 anni forse non è la sola ad aver subito abusi dal branco, uno dei cui componenti è stato arrestato dagli agenti della Squadra mobile di Milano, un altro è ricercato, mentre un terzo maggiorenne e due minori sono indagati. Teatro dell’ennesima storia di violenza, nel settembre dell’anno scorso, uno stabile impianto dismesso, così come nella drammatica vicenda di Caivano: un impianto sportivo abbandonato alla periferia del capoluogo lombardo, rifugio dei sospettati, tutti egiziani.

Gli investigatori della speciale sezione della Mobile hanno cominciato a indagare sulla segnalazione di un’educatrice che, due mesi dopo, aveva cominciato a seguire la ragazza, nel periodo precedente sola, allo sbando, dopo essere fuggita da una comunità. Quella mattina di settembre, dopo che aveva passato la notte nello stabile, aveva sentito parlare gli aguzzini nella loro lingua per non farsi capire e questi erano entrati nella sua improvvisata stanza «con del cibo».

Aveva pensato che volessero solo fare due chiacchiere, come era accaduto nei giorni precedenti. Prima c'erano state da parte di uno di loro delle minacce con un coltello ma l’adolescente era riuscita a sottrarsi. Non quella mattina, sola in balia di sette giovani che l’hanno stuprata e di cui ne ha riconosciuti solo cinque. Il gip che ha disposto il carcere per due (uno è stato arrestato a Rimini, l’altro risulta espulso dall’Italia prima del provvedimento), sottolinea «le personalità ciniche, violente, aggressive» dei coinvolti; parla di «condotte «lungi dall’essere episodiche» e che rispondono a logiche «di sopraffazione proprie del branco».

Gli investigatori, coordinati dai pm del V Dipartimento Tutela della famiglia, dei minori e di altri soggetti deboli della Procura di Milano, hanno raccolto la testimonianza della vittima e negli atti si parla di "particolare affidabilità» del suo racconto e di «serietà" della sua collaborazione con le forze dell’ordine nel riconoscere inizialmente solo uno degli indagati, dal momento che nell’album fotografico che le era stato mostrato in prima battuta mancavano le fotografie degli altri.

Il carcere è necessario per il giudice anche per il timore di "ritorsione"ai danni della ragazzina che ha parlato di un gruppo di sette con un «capo». Nonostante il trauma, ha riconosciuto senza incertezze i luoghi fotografati dagli agenti nel sopralluogo: anche una «porta nera», chiusa con un lucchetto di cui uno degli indagati aveva le chiavi.

Caricamento commenti

Commenta la notizia