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È morto Giorgio Napolitano, il primo presidente della Repubblica eletto due volte

Il presidente emerito Giorgio Napolitano ospitie di Fabio Fazio a " Che tempo che fa", 22 maggio 2016. Ansa/Daniel Dal Zennaro

E' stato l’uomo delle riforme a tutti i costi, napoletano di gran classe, elegante e "pignolo", come egli stesso si è definito. Giorgio Napolitano, morto alle 19.45 di oggi, è stato il primo nella storia della Repubblica ad essere presidente due volte: rieletto al Quirinale nel 2013 dopo la prima volta del 2006. Attento ad ogni dettaglio, lavoratore instancabile, profondo conoscitore della vita parlamentare e delle dinamiche politiche dell’intera storia repubblicana.

Sempre accompagnato con discrezione dalla moglie Clio, ha iniziato il primo settennato, nel 2006, gioendo per la vittoria dell’Italia ai mondiali di calcio di Berlino e ha concluso i quasi due anni del secondo mandato con qualche rimpianto per non essere riuscito a vedere del tutto compiuti quei cambiamenti istituzionali per i quali tanto si è speso. Ma soprattutto "re Giorgio" ha dovuto affrontare quello che in molti considerano il periodo più buio degli ultimi 50 anni, navigando a vista tra gli scogli di una durissima crisi economica. E lo ha fatto con una convinzione incrollabile: che l’Italia avesse bisogno di stabilità politica. In nome di questo principio ha cercato sempre di evitare scioglimenti anticipati della legislatura.

Certamente il momento peggiore - che ha coniugato amarezza personale e preoccupazione istituzionale - è stato il suo coinvolgimento indiretto nel processo sulla presunta trattativa Stato-mafia con l’eccezionale deposizione alla Corte di Palermo salita in trasferta al Quirinale. Quella di Napolitano non è stata infatti una presidenza leggera né facile. Ma ha mantenuto sempre l’impegno preso il 15 maggio del 2006 quando promise solennemente davanti alle Camere che non sarebbe mai stato il capo dello Stato della maggioranza che lo aveva eletto, ma che avrebbe sempre guardato all’interesse generale del Paese. E così è stato, visto che dopo essere salito sul Colle più alto della politica italiana con i soli voti del centrosinistra, ha chiuso il primo settennato con l'aperto sostengo del centrodestra. Un sostegno che si è via via raffreddato durante lo storico bis nel 2013 al Quirinale che ha visto Silvio Berlusconi condannato e spesso i suoi all’attacco politico del presidente.

L’elezione del 2006 non era per niente scontata. La sua provenienza dal Pci lo faceva guardare con sospetto dal centrodestra berlusconiano. Ma il fatto di essere il primo dirigente comunista a diventare presidente della Repubblica non ha impedito al Cavaliere di riservargli, dopo poco, pubbliche lodi. Fino alla richiesta di far restare lui al Quirinale per superare quella turbolenta fase politica. Un Parlamento annichilito, dopo aver bruciato nel segreto dell’urna calibri come Franco Marini e Romano Prodi gli consegnò di nuovo lo scettro del Colle, inondandolo di applausi mentre Napolitano teneva nell’aula di Montecitorio un discorso durissimo nei confronti di un’intera classe politica.

Le sue capacità di tenuta psicologica e mediazione gli sono state unanimemente riconosciute negli anni. Persino la Lega ha dovuto inizialmente riconoscergli l’impegno sul fronte del federalismo, nonostante più volte il capo dello Stato abbia redarguito il Carroccio sul tema dell’Unita nazionale. Lasciata con dispiacere l’amatissima casa nel rione Monti, ha dedicato grande attenzione alle relazioni internazionali. Indubitabile è stata infatti la stima che ha goduto all’estero: Washington, ad esempio, lo ha sempre considerato uno fra gli interlocutori più autorevoli e affidabili. Europeista convinto, Napolitano ha sempre sostenuto l’indispensabilità dell’Unione europea convincendosi via via che, così come in Italia, solo decise riforme dell’euroburocrazia potevano frenare il distacco dei cittadini e raffreddare il populismo crescente.

Affabile e cortese, dai toni sempre misurati, si è trovato a dover affrontare un muro contro muro solo con Grillo e il suo movimento, visto dal capo dello Stato, almeno nelle sue componenti più estreme, come il germe dell’antipolitica. Uno degli elementi caratterizzanti della sua presidenza è' stato il tentativo di parlare all’Italia intera, di sedare lo scontro fra le correnti (a partire da quelle del Pd), di promuovere il dialogo fra le forze politiche nell’interesse del Paese. Compito non facile durante gli anni turbolenti dei suoi mandati. I primi due dei quali li passa monitorando le fibrillazioni che tengono il governo Prodi costantemente sul filo del rasoio. Fino alla caduta e al ritorno del Cavaliere a palazzo Chigi. I successivi tre anni scorrono nello sforzo di arginare l’attivismo di Berlusconi, evitando che le furiose polemiche sulle leggi ad personam prima e sugli scandali sessuali poi minassero la saldezza delle istituzioni.

Tentando di non fare sconti al centrodestra, ma preferendo l’arma della moral suasion a quella, ben più dirompente, del rinvio dei provvedimenti alle Camere. Ma il passaggio che lo consegnerà alla storia come 're Giorgiò (così lo incoronò il New York Times) è quello che nel novembre 2011 porta Mario Monti a palazzo Chigi. I critici parleranno di Repubblica presidenziale, di interpretazione estensiva delle sue prerogative. Evitato il default, l’Italia non riesce però a schivare la recessione. L’immagine del governo tecnico del presidente risulta danneggiata. I risultati elettorali che non diedero una maggioranza chiara, i veti incrociati dei partiti spinsero quindi Napolitano a nominare Enrico Letta sulla base di una larga intesa. Poi l’ascesa irrefrenabile di Renzi con il quale, nonostante la differenza di età, ha saputo costruire un rapporto sincero e pragmatico. Napolitano ha rassegnato le dimissioni il 14 gennaio 2015. È divenuto poi senatore di diritto a vita quale presidente emerito della Repubblica.

La biografia

Giorgio Napolitano era nato a Napoli il 29 giugno 1925, sposato con Clio Bittoni, ha avuto due figli, Giovanni e Giulio. Si è laureato in giurisprudenza nel dicembre 1947 presso l’Università di Napoli con una tesi in economia politica. Nel 1945-46 è stato attivo nel movimento per i Consigli studenteschi di Facoltà e delegato al primo Congresso nazionale universitario. Fin dal 1942, a Napoli, iscrittosi all’Università, ha fatto parte di un gruppo di giovani antifascisti e ha aderito, nel 1945, al Partito Comunista Italiano, di cui è stato militante e poi dirigente fino alla costituzione del Partito Democratico della Sinistra.

Dall’autunno del 1946 alla primavera del 1948 ha fatto parte della segreteria del Centro Economico Italiano per il Mezzogiorno presieduto dal sen. Paratore. Ha inoltre partecipato attivamente al Movimento per la Rinascita del Mezzogiorno fin dalla sua nascita (dicembre 1947) e per oltre 10 anni.

È stato eletto alla Camera dei Deputati per la prima volta nel 1953 e ne ha fatto parte - tranne che nella IV legislatura - fino al 1996, riconfermato sempre nella circoscrizione di Napoli. La sua attività parlamentare si è svolta nella fase iniziale in seno alla commissione Bilancio e Partecipazioni Statali, concentrandosi - anche nei dibattiti in Assemblea - sui problemi dello sviluppo del Mezzogiorno e sui temi della politica economica nazionale.

Nella VIII (dal 1981) e nella IX Legislatura (fino al 1986) è stato Presidente del Gruppo dei deputati comunisti. Negli anni '80 si è impegnato in particolare sui problemi della politica internazionale ed europea, sia nella Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati, sia come membro (1984-92 e 1994-96) della delegazione italiana all’Assemblea dell’Atlantico del Nord, sia attraverso molteplici iniziative di carattere politico e culturale. Già a partire dagli anni '70, ha svolto una vasta attività di conferenze e dibattiti all’estero: negli istituti di politica internazionale in Gran Bretagna e in Germania, presso numerose Università degli Stati Uniti (Harvard, Princeton, Yale, Chicago, Berkeley, SAIS e CSIS di Washington). Dal 1989 al 1992 è stato membro del Parlamento europeo.

Nell’XI legislatura, il 3 giugno 1992, è stato eletto presidente della Camera, restando in carica fino alla conclusione della legislatura nell’aprile del 1994. Nella XII legislatura ha fatto nuovamente parte della commissione Esteri ed è stato presidente della commissione speciale per il riordino del settore radiotelevisivo. Non più parlamentare, è stato ministro dell’Interno e per il coordinamento della Protezione civile nel governo Prodi, dal maggio 1996 all’ottobre 1998. Dal 1995 al 2006 è stato presidente del Consiglio italiano del Movimento europeo. Rieletto deputato europeo nel 1999, è stato fino al 2004 presidente della commissione per gli Affari costituzionali del Parlamento di Strasburgo. Nel 2003 è stato nominato presidente della Fondazione della Camera dal presidente della Camera Pier Ferdinando Casini. Il 23 settembre 2005 è stato nominato senatore a vita dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Il 10 maggio 2006 è stato eletto presidente della Repubblica con 543 voti. Ha prestato giuramento il 15 maggio 2006. Il 20 aprile 2013 è stato rieletto presidente della Repubblica con 738 voti. Ha prestato giuramento il 22 aprile 2013. Ha rassegnato le dimissioni il 14 gennaio 2015. È divenuto senatore di diritto e a vita quale presidente emerito della Repubblica.

 

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