Le ricerche sugli scheletri di due pazienti del 1600 dell’ospedale Maggiore di Milano hanno portato al ritrovamento della presenza di cannabis che non rientrava però nelle loro terapie e che quindi, verosimilmente, era utilizzata per scopi personali.
La scoperta - pubblicata sul Journal of Archaeological Science - è stata fatta da Cristina Cattaneo, medico legale che negli ultimi decenni in Italia si è occupata dei più noti omicidi (da Claps a Yara). I test fatti con gli archeotossicologi dell’Università Statale di Milano - il responsabile Domenico di Candia e la dottoranda Gaia Giordano - hanno cristallizzato la prova sui resti di una donna di 40-50 anni e di un ragazzo di 16-20 anni.
A darne notizia è oggi il Corriere della Sera. «Sugli scheletri conservati nel sepolcreto dell’ospedale abbiamo trovato la prima evidenza del consumo non farmacologico di cannabis in età moderna, in Italia e in Europa - spiega Cristina Cattaneo che cercando di dare una spiegazione al ritrovamento ricorda che «Milano non è mai stata in condizioni critiche come nel Seicento. Nemmeno nel Medioevo», e che in città dilagavano «carestie, malattie, povertà e igiene pressoché inesistente». Di cannabis, comunque, non c'è traccia nella documentazione con cui 4 secoli fa i medici annotavano le terapie dei due malati. Se non era una cura, le ipotesi restano l’uso come sostanza ricreativa o come automedicazione, e la prima, secondo Cristina Cattaneo, è l’opzione la «più probabile».
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