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Cultura e uguaglianza sostanziale: Silvestri, nella Costituzione il merito è "inclusivo"

Il presidente emerito della Corte Costituzionale ha tenuto a Messina la prolusione all'inaugurazione dell'anno accademico, ribadendo che solo con pari opportunità si potrà garantire il "pieno sviluppo della persona umana", senza discriminazioni

Una stagione nuova. Cronologicamente e storicamente. Come lo sono certamente tutte quelle che segnano l’inizio di un mandato, in ogni ambito. Ma, all’Ateneo di Messina, la linea d’orizzonte  è più ampia. “Nuova” non tanto nell’aver poggiato per la prima volta in 476 anni il tradizionale ermellino sulle spalle di una rettrice - forte di un consenso trasversale e non certo “di genere” -  ma “nuova” nelle aspettative, espresse ieri attraverso un linguaggio “antico” eppure molto contemporaneo, scaturente da un’urgenza di riconoscimento e valorizzazione, innanzitutto delle differenze. Dalla necessità di un “primato” della persona, da cui, poi, discende molto agevolmente tutto il resto. Un linguaggio, come in particolare quello usato dalla rettrice Giovanna Spatari, da sempre in prima linea sui temi della parità, non semplicemente “inclusivo” ma “ampio”, attento ad esprimere nel significante e nel significato il rispetto per tutte le diversità contro ogni discriminazione.

E proprio sulla loro tutela è stata incentrata la prolusione del prof. Gaetano Silvestri, ex rettore dell’Ateneo e presidente emerito della Corte Costituzionale, alla cui autorevolezza, graniticamente fondata sui capisaldi del diritto e della legalità, l’Ateneo di Messina ha ieri affidato l’apertura del suo  nuovo corso, anche nell’immagine iconica dell’ingresso alla cerimonia “identitaria” al fianco della rettrice nell'aula magna gremita di rappresentanze accademiche e istituzionali e nell'appello alla “responsabilità”, all'impegno solidale attorno a cui far convergere tutte le forze che hanno a cuore l'Ateneo, come risorsa preziosissima per un territorio e la sua comunità -  non solo locale - al di là delle “contingenze” umane e degli errori di cui ciascuno risponde.

Cultura, merito ed eguaglianza nella Costituzione italiana

Una lectio magistralis, quella del prof. Silvestri, costruita  sull'architettura costituzionale del sistema democratico che inserisce la cultura “libera” tra i suoi valori fondamentali, delineando chiaramente il concetto di merito “inclusivo”, tema potente, universalmente rilevante - non solo nel sistema didattico - e particolarmente delicato (innumerevoli le polemiche sorte, come si ricorderà, quando il termine venne riportato nella nuova denominazione del Ministero dell’Istruzione - e del Merito, appunto - voluta dal ministro Giuseppe Valditara), rispetto a cui si rende necessario chiarire che il “merito” richiamato dalla Costituzione non è certamente un principio  che possa creare squilibri, ma che al contrario deve riequilibrare le opportunità, senza lasciare indietro chi ha minori mezzi, o abilità.

La parità "formale" e il merito "escludente"

Un concetto scandito in più norme costituzionali, delineate dal prof. Silvestri che ha messo in guardia rispetto alla «diffidenza, e persino l'aperta ostilità, verso il criterio selettivo del merito» che  nasce «dalla considerazione isolata di quest'ultimo, non inquadrato nel contesto più ampio della trasformazione sociale egalitaria preconizzata dal secondo comma dell'art. 3 della Costituzione» che  richiama la rimozione dei fattori economici e sociali i quali, come evidenzia il giurista, «impediscono di fatto quello che, con mirabile espressione, la Costituzione definisce “il pieno sviluppo della persona umana”. In altre parole, l'eguaglianza dei punti di partenza, di cui si parla con troppa facilità, molto spesso si rivela un'illusione, che diventa una beffa quando funge da alibi alla conferma del privilegio di chi proviene da classi agiate e da ambienti culturalmente evoluti. Si tratta di un merito "escludente", che si fonda sulla semplice parità formale, ignorando del tutto quella sostanziale. La Costituzione italiana ha voluto andare oltre la parità formale». E quindi, la dimostrazione del merito “inclusivo” è, ad esempio  nell'art. 34: «I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso». «Al merito escludente - sottolinea ancora il presidente emerito della Consulta - la nostra Carta costituzionale sostituisce il merito inclusivo, unico mezzo per valorizzare le autentiche potenzialità della persona che non sia legato alla diseguaglianza di fatto dei punti di partenza».

Merito da "misurare" con "moralità diffusa"

E strettamente legato al concetto di merito, come ha ammonito Silvestri, è quello della sua “misurazione”: «Dal giudizio del magistrato in una causa, a quello del professore in un esame, a quello di una commissione di concorso, nulla può sostituire un ethos collettivo così sentito da indurre comportamenti virtuosi spontanei e naturali, senza necessità di controlli asfissianti e continue minacce di sanzioni e senza che ogni ovvio atto di onestà e rispetto delle regole venga esaltato come eroismo. L’esistenza di una moralità diffusa dà la misura della civiltà di un popolo». E, realmente, se ne avverte il bisogno.

 

 

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