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“Il clandestino”: un prodotto seriale che riesce a... distinguersi

C’è una generazione di giovani (si fa per dire) artisti che si approccia alla serialità con una visione abbastanza nuova senza tradire le attese di un pubblico generalista. L’esempio di questi giorni è “Il clandestino” in onda su Raiuno, in prima serata il lunedì, che vede interprete Edoardo Leo, regista Rolando Ravello e sceneggiatori Renato Sannio e Ugo Ripamonti, già autori di “Tutto può succedere” e “Imma Tataranni”.

Cosa renda “Il clandestino” diverso da altri prodotti che, pure sono inseriti nel filone investigativo, è frutto di un mix di generi, ma più che altro di umori, ben rappresentati nella alternanza di registri sia recitativi che narrativi, comunque omogenei, che fanno sì che ogni episodio appaia sempre vario, nonostante lo schema fisso fatto/reato- investigazione – risoluzione. Edoardo Leo è Luca Travaglia, il protagonista, già ispettore capo dell’antiterrorismo, ma che per un errore di valutazione, si è dimesso dalla polizia e, roso da sensi di colpa e rimorsi, vive ai margini di una Milano multietnica, trovando ospitalità da Palitha, un meccanico cingalese dalla fervida inventiva e che lo spinge a reinventarsi investigatore privato.

Gli episodi in onda hanno mostrato una reale contemporaneità sia nella ambientazione che nella trama generale della serie. I casi di cui Luca si occupa infatti combinano fatti privati con risvolti di interesse pubblico, in un’ottica assolutamente verosimile, anche perché modulata su fatti di cronaca. La strana coppia formata da Luca e Palitha poi, offre spunti di sottile umorismo per la sbilanciata combinazione di due diverse personalità e trova ispirazione in altre simili coppie investigative di film americani. È la parte leggera di una fiction nella quale aleggia, attraverso continui flash back, il dolore di Luca, la cui compagna è morta in un attentato terroristico al quale, probabilmente non era estranea. Un attentato che ha visto gravemente ferito anche un collega poliziotto le cui cure costose sono pagate con grande sacrificio da Luca che mantiene l’anonimato. Ed è brava la regia a tenere viva la suspense per un paio di episodi, per le modalità con le quali Luca consegna il denaro che serve a pagare le cure, facendo apparire come quasi qualcosa di illecito quello che, in realtà è un atto di generosità. Insomma, “Il clandestino” appare un ottimo prodotto seriale che si distacca per sobrietà, argomenti e interpretazioni dal livello medio della fiction italiana, riuscendo a essere attrattivo sia per il pubblico affezionato al crime e al giallo che per il telespettatore più esigente.

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