I genitori vogliono sapere perché la loro figlia, 25 anni, allieva al secondo anno di corso per diventare sottufficiale dei carabinieri e prossima al tirocinio, il 22 aprile si suicidò con la pistola d’ordinanza nella Scuola Marescialli e Brigadieri di Firenze. È questo il senso della loro lettera che il sindacato Unarma consegnerà domani in un esposto alla procura di Firenze. Il testo riporta i disagi, le critiche che la 25enne aveva confidato ai familiari e verosimilmente confluirà nel fascicolo che la procura di Firenze aprì, senza ipotesi di reato, sul suicidio.
Le ipotesi dei genitori
Secondo i genitori, una famiglia dell’Alto Lazio, potrebbe averla indotta al suicidio lo stress psicofisico accusato dalla 25enne «che non ne poteva più di sottostare a regole poco funzionali che si insinuavano in ogni ambito della propria vita», «dalla porta delle camere che doveva stare sempre aperta, al controllo del modo di vestire in libera uscita, a ordini assurdi», «un ambiente estremamente rigido». Alla madre, a casa, il giorno prima di spararsi in camerata, in un momento di scoramento - la giovane era in licenza domenicale e appariva serena ai familiari - aveva detto «perdo anche i capelli», «così mi tolgono la vita». Ma fu un attimo di scoramento, trascorse la giornata in modo sereno coi familiari, la sera prese il treno per tornare a Firenze.
Progetti futuri e segnali di disagio
«Progettava dove fare il tirocinio da luglio - ricorda il padre -, voleva scegliere Sicilia o Puglia, aveva già acquistato i biglietti del treno per Firenze solo fino a giugno. Pensava anche di come cambiare l’auto. Non sono atteggiamenti di chi si vuole uccidere». Lo stesso genitore, anche lui carabiniere, nell’ottobre 2023 discusse coi superiori della figlia perché l'avevano obbligata a presentarsi all’adunata alle 6.15 del mattino «nonostante il Covid e sintomi influenzali». E ancora la giovane riferiva ai genitori che «chi ha conseguito un esame con voto 18-19-20 salta il pernotto». «Alcuni colleghi di corso - dice il padre - ci hanno detto dopo la morte che all’ultima conversazione che hanno avuto con lei avrebbe parlato di pernotto». C'erano regole che considerava eccessive e mal sopportava anche se aveva avuto già esperienze di vita militare. In precedenza aveva servito due anni nella Marina, un anno da carabiniere a Camucia (Arezzo). Poi fece il concorso per la Scuola Marescialli.
La richiesta di chiarezza
«Non accusiamo nessuno, l’Arma ci è stata vicina - dice il padre - ma vogliamo sapere perché Beatrice si è uccisa e vogliamo che si parli di questi suicidi che avvengono in caserma, vanno capite le cause, che problemi ci sono perché non si ripeta ad altri». Nel 2017 alla Scuola di Firenze ci fu un altro caso di suicidio. «Nessuno di noi familiari si spiega ancora perché è successo», aggiunge, «il 22 aprile di mattina l'abbiamo contattata, mia moglie ci ha parlato, con me ha scambiato messaggi, ha fatto una videochiamata scherzosa col nonno. C'è stato, è vero, dopo questi contatti, la caduta grave della nonna, ma l’abbiamo rassicurata che il 118 la portava in ospedale, anche se poi è morta tre giorni dopo. Poi dopo le 11 non ha risposto più ai messaggi di nessuno e non l’hanno più vista. Era dispensata dai servizi quella mattina, poi l’hanno trovata morta un’ora dopo circa».
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