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L'ombra dei clan sulla morte di Pantani, la famiglia: ora avanti

Nelle nuove indagini per far luce sulla presunta ombra della camorra nelle scommesse al Giro d’Italia del 1999 e sul mistero delle analisi antidoping di Marco Pantani che, si presume, siano state alterate per impedirgli la vittoria, si ipotizza anche un collegamento tra la vicenda, il suo declino di atleta e la morte 5 anni dopo. La procura di Trento, infatti, sta procedendo per associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata alle scommesse e collegata alla morte del ciclista. Una ipotesi che rispecchia, in un certo qual modo, le convinzioni di mamma Tonina, che è «contenta» per la riapertura del caso anche se non si fa illusioni. Assieme ai suoi legali, Fiorenzo Alessi e il figlio Alberto, l’anno scorso ha depositato parecchio materiale partendo dalle «contradditorietà» evidenziate dalla Commissione Parlamentare Antimafia.

«Non abbiamo lasciato perdere quella vicenda», afferma al telefono l’avvocato Fiorenzo Alessi, che insiste soprattutto sulla «irregolarità» nel test ematico cui fu sottoposto Pantani. «Ricordiamo - continua - che vi fu una sospensione. Marco non è mai risultato positivo ad alcun controllo antidoping». Il ciclista «si era schierato in maniera critica contro questa introduzione di ulteriori prelievi in orari mattutini. E questo potrebbe essere stato motivo di attrito tra i controllori e il controllato. Ci sono incongruenze che portano a ritenere sostenibile l’ipotesi di deplasmazione». Quanto accaduto nel '99, sottolinea il legale, «contribuì a incidere su un animo sensibile. Marco era sensibile, ci teneva alla sua onorabilità. Si era reso conto di essere stato lasciato solo. Se adesso un’autorità giudiziaria accertasse che qualcosa di irregolare è stato commesso, sarebbe una soddisfazione anche se postuma, visto che la famiglia non lo riavrà mai indietro. Ora dobbiamo aspettare che la Procura faccia quello che deve, senza guardare in faccia a nessuno».

Da quanto si è saputo, il pm della dda Patrizia Foiera, in questi mesi ha sentito molte persone e ha raccolto parecchi elementi. L’altro ieri, in carcere a Bollate, ha sentito come persona informata sui fatti Renato Vallanzasca, senza, però, ottenere risposte. E nelle prossime settimane ha in programma di ascoltare altri testimoni. Nel fascicolo, al momento ancora a carico di ignoti, sono confluiti gli atti di quello precedentemente archiviato ai quali, in seguito alle verifiche e audizioni dei mesi scorsi, se ne sono aggiunti parecchi. Inquirenti e investigatori starebbero riesaminando i dialoghi intercettati, e anche vagliati dalla Commissione Antimafia, tra alcuni detenuti nel carcere di Novara che, a loro dire, l'esclusione di Pantani dal Giro era una cosa nota: la Camorra aveva scommesso miliardi sulla sconfitta del Pirata, che era primo in classifica generale e sarebbe arrivato a Milano da vincitore, e non poteva permettersi di perdere il banco.

Si tratta di una serie di conversazioni che, una ventina di anni fa, trovarono un minimo di riscontro grazie alle rivelazioni di Vallanzasca, il quale raccontò che sei o sette giorni prima della tappa di Madonna di Campiglio, mentre stava espiando l'ergastolo, fu avvicinato da un detenuto che gli chiese: «Hai qualche milione da buttare? Se sì, puntalo sul vincitore del Giro. Non so chi vincerà, ma sicuramente non sarà Pantani». Ora tocca alla pm della Procura guidata da Sandro Raimondi, cercare di chiarire quello che è accaduto e se davvero dietro la vicenda che il capo di imputazione collega alla morte del 'piratà ci sia davvero la mano della Camorra.

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