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Cibo e salute: come il cancro si combatte anche a tavola

La dieta chetogenica può rendere vulnerabili le cellule di alcuni tumori

Il cancro si combatte anche a tavola. E non solo perché una dieta sana riduce il rischio di sviluppare molti tumori, ma anche perché quello che mangiamo e il modo in cui lo facciamo può avere effetti sulle cellule tumorali. I ricercatori lo hanno capito e da qualche anno stanno cercando si sfruttare questa strategia per aumentare l’efficacia delle cure anti-cancro. È quello che è stato fatto in uno studio pubblicato oggi su Nature, che mostra come la dieta chetogenica possa rendere vulnerabili le cellule del tumore del pancreas a un farmaco sperimentale.

La ricerca è stata condotta da ricercatori della University of California - San Francisco (UCSF) coordinati dall’italiano Davide Ruggero, professore all’ateneo americano. La dieta chetogenica è un regime alimentare molto particolare, che costringe l’organismo a utilizzare i grassi come principale fonte di energia. I ricercatori hanno scoperto che, se "alimentato con la dieta chetogenica, il cancro al pancreas ne diventa dipendente. Somministrare un farmaco sperimentale (tomivosertib) quando il tumore si trova in queste condizioni di dipendenza, aumenta l’efficacia della terapia.

«Il farmaco priva le cellule tumorali di un elemento diventato ormai essenziale inducendone la morte», dice all’ANSA Ruggero. Quella condotta dal team di Ruggero è però solo l’ultima di una lunga serie di ricerche in questo settore.

Claudio Vernieri è ricercatore all’Ifom - Istituto Fondazione di Oncologia Molecolare e oncologo all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano ed è tra ricercatori italiani più impegnati in questo campo. «Il tumore è una macchina energetica che ha bisogno di energia per proliferare e di mattoni per costruire le cellule figlie. L’alimentazione è il miglior modo attraverso cui possiamo influenzarlo», spiega all’ANSA. La ricerca lo sta facendo perseguendo due strade: «una è quella della restrizione generalizzata o mirata di alcuni nutrienti. L’altra è creare uno sbilanciamento nei nutrienti allo scopo di produrre un effetto tossico sulle cellule tumorali».

L’Italia negli ultimi anni è diventata una delle punte più avanzate dell’applicazione di regimi alimentari restrittivi - come la dieta 'mima digiunò - nel contesto dei trattamenti antitumorali. Nei mesi scorsi è stata avviata nuova sperimentazione coordinata dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano che testerà uno schema alimentare basato su 5 giorni di alimentazione fortemente ipocalorica da ripetere ogni 3 settimane. La strategia è testata in donne con cancro al seno triplo negativo candidate alla chemio-immunoterapia neo-adiuvante. L’obiettivo è valutare se la dieta aumenta la risposta alle terapie. I primi dati sembrano promettere bene, ma occorrerà almeno un anno per avere risultati.

Intanto, tra gli ambiti che stanno destando maggiore interesse, cresce l’attenzione sugli effetti dell’alimentazione sui nuovi farmaci immunoterapici. Sembra infatti che una dieta ricca di fibre possa migliorarne l’efficacia. È probabile che questo effetto sia il frutto della sua azione benefica sul microbiota intestinale che, a sua volta, ha la capacità di influenzare il sistema immunitario. Tuttavia, siamo solo ai primi passi. Le cellule tumorali hanno grandi capacità di adattamento, ciascun tumore sviluppa specifiche vulnerabilità collegate ai cambiamenti nella dieta e le interazioni con i farmaci sono un campo tutto da esplorare. "È un settore in rapida evoluzione, ma in cui si sa ancora poco. Serve molta ricerca di base prima di arrivare all’applicazione clinica», conclude Vernieri.

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