La verità e che tanti, troppi, non ti digerivano. Gli snob dicevano sottovoce "ma come può un siciliano che parla così trasformarsi in una irruente meraviglia con il pallone ai piedi, che sa dove stare, che sa quando tirare, che sa come saltare". Nel primo gol del tuo Italia 90 quando da uno e 73 t'insinui tra i due giganti austriaci mentre corri fai una pausa impercettibile dei passi, fateci caso, per essere in tempo perfetto con la palla. E poi la rovesciata con la Juve. Quello è genio. Puro.
Solo a Messina ti amavamo veramente. Perché ti avevamo visto segnare per sognare, gridare e parlare, aspettare e ragionare per tirare. Umile apostolo della messa giocata. Quando te ne sei andato in Giappone da antesignano dei campionati stranieri ci siamo messi tutti a seguire una squadra che di nome faceva Jubilo Iwata e che di dove caspita era non lo sapevamo. E iniziammo a ragionare del campionato nipponico per vedere che facevi, se segnavi, non segnavi, come ti muovevi.
Ma il Celeste era stato un'altra cosa. La prorompente indimenticabile odissea di una squadra perfetta prima con Scoglio ("... o mi fate o arriviamo") e poi con Zeman ("... non credu che noi siamo inferiori" e la sigaretta). È stata un'epopea indimenticabile che non sapevamo all’epoca, diversa da tutte le altre, perchè era la nostra immensa ansia di anni troppo grigi prosciugata in un istante dalle altisonanti vittorie con le tue eccezionali reti, le tue braccia alzate e quella irrefrenabile frenesia che ti prendeva quando segnavi che gridavi all’inverosimile con gli occhi di fuori pensando troppo inconsciamente a quando non c'era una lira e le porte erano due pietre sulla terra d’asfalto. La corsa del mito che sovrasta la ragione.
Genio. Puro. Anni meravigliosi di pomeriggi ad aspettare con la giacca due misure più grande quando finiva l'allenamento, la forza pura dedicata al pallone, l'intelligenza raffinata per avere un'occasione da sfruttare, un tiro che alla velocità di un saettoso fulminante attimo non lasciava alcuno scampo al portiere.
Ecco. Questo sei stato per noi. Non il riscatto non la rivalsa non la rivincita ma la pura grande classe di un uomo non troppo compreso fuori di noi ma amato, venerato dai messinesi che ti avevano avuto al loro fianco per tanti anni. Un uomo. Un Campione.
Una grande tristezza ci ha preso l'altra sera al giornale quando le agenzie hanno battuto due righe per dirci che eri peggiorato. Forse abbiamo capito che era finita, poi la mattina il tuo destino si è compiuto e il nostro Schillaci Salvatore del 1° dicembre 1964 con la maglietta gialla e rossa e porte imic sul petto ha finito di segnare, gridare, assaporare la gioia di una irrefrenabile corsa verso la vittoria. Corri Totò, corri, tu ora sei nella storia del mondo, vai dove vuoi...
Caricamento commenti
Commenta la notizia