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Felpe nere e sassi, così i violenti si sono presi il corteo pro Palestina

Con cappucci, sciarpe nere o la kefiah a coprire il volto, sono sbucati da più spezzoni del corteo pro Palestina, fino a quel momento pacifico, dando vita a una vera e propria guerriglia urbana. Con una sorta di repentino cambio di scena, alcuni gruppi di violenti sono avanzati in prima fila alla manifestazione e si sono presi la piazza, facendo partire in pochi istanti un fitto lancio di bottiglie, sassi, fumogeni e bombe carta contro le forze dell’ordine, in tenuta antisommossa protette dietro i loro scudi, e contro i mezzi blindati schierati a chiudere la strada per impedire il passaggio del corteo. Qualcuno, per sfondare il cordone di sicurezza, ha anche divelto pali della segnaletica stradale che sono stati lanciati con violenza per colpire.

Agili e compatti nelle azioni, hanno seminato il panico facendo indietreggiare il grosso della manifestazione. È stata di questi gruppi la regia dei disordini in piazza a Roma, durati diversi minuti e che non si sono placati neanche con una pioggia di lacrimogeni da parte delle forze dell’ordine verso la folla. Per far arretrare i violenti sono entrati in azione anche i mezzi idranti che hanno avanzato nella piazza. Poi sono partite le cariche che hanno disperso i manifestanti.

Si indaga ora anche negli ambienti anarchici, dei centri sociali e degli ultrà per dare un volto ai protagonisti dei disordini: in questi ambienti inoltre graviterebbero alcuni dei destinatari dei 40 fogli di via decisi prima del corteo. Non si esclude che alcuni facciano parte di gruppi anarchici che hanno raggiunto la Capitale da altre città, sfuggiti agli imponenti controlli voluti dal Viminale dopo l’allarme lanciato sui possibili infiltrati.

Un’allerta sull’arrivo di possibili gruppi di 'professionisti dei disordini' era scattata nei giorni scorsi e, per questo, già da venerdì erano stati attivati controlli ai caselli autostradali, alle stazioni e nell’area attorno a Piramide, che oggi era completamente blindata. Un’ipotesi fondata, secondo fonti del Viminale che a fine corteo parlano di «uno schema già visto in altre occasioni che vede le frange violente mimetizzarsi tra i manifestanti pacifici per poi scatenare le violenze».

Perciò, è stato sottolineato, «in base a queste informazioni e conseguenti valutazioni, è scaturita la decisione inevitabile di vietare la manifestazione, soprattutto per evitare la formazione di un corteo per le vie di Roma, che sarebbe stato difficilmente controllabile. Le immagini di oggi hanno confermato questa previsione».

I gruppi di violenti si sono mescolati a una piazza variegata. Un fronte ampio, a volte distante, ma compatto nella volontà anti-bellica, negli slogan contro Israele e gli USA. Fermi nel chiedere lo stop ai bombardamenti e al genocidio, si sono ritrovati a sfidare il no della questura i compagni di Potere al Popolo, Giovani Comunisti, i Cobas, Autonomi e Anarchici, e anche alcuni esponenti di estrema destra. In mezzo i Collettivi universitari, l’Unione democratica arabo-palestinese e l’Associazione giovani palestinesi, il pezzo di mondo arabo che, a differenza della comunità, ha voluto comunque manifestare nonostante il divieto, considerato «un atto politico».

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