Manca ancora la svolta green e l'altoforno 1 dello stabilimento ex Ilva di Taranto riparte tra le polemiche. Martedì prossimo, dalle ore 16.15, con un piccolo differimento di orario rispetto al programma annunciato, è prevista una cerimonia per la riaccensione dell’impianto, fermo per manutenzione da agosto 2023, che vedrà la partecipazione del ministro delle imprese e made in Italy Adolfo Urso, dei commissari straordinari di Acciaierie d’Italia, di rappresentanti istituzionali e di associazioni datoriali.
Il sindaco e presidente della Provincia di Taranto Rinaldo Melucci già ieri aveva informato della sua decisione di declinare l’invito «per rispetto verso le sofferenze della comunità ionica e con l’intento di non ingenerare alcuna confusione nell’opinione pubblica, riguardo agli sforzi istituzionali che ci vedono collaborare, come più volte ribadito in tutte le sedi, nella esclusiva direzione della radicale riconversione del ciclo produttivo dello stabilimento siderurgico di Taranto». Per Melucci è chiaro che «la necessità di garantire la continuità produttiva possa obbligare a scelte tecniche transitorie. A patto, però che questa transitorietà sia davvero tale». Il Pd pugliese concorda: il riavvio dell’altoforno «non è una notizia da festeggiare» e «la decarbonizzazione è l’unica strada possibile». L’ex Ilva è ufficialmente in vendita e il ministro Urso ha confermato nei giorni scorsi che «hanno manifestato il loro interesse in 15: tre grandi player industriali internazionali per l’intero asset produttivo, 12 player nazionali e internazionali per alcune parti di questo asset produttivo. Noi - ha spiegato - privilegeremo l’assegnazione in un unico asset, a un unico player internazionale o nazionale che sia anche un’unica cordata perché riteniamo sia la soluzione migliore».
Intanto gli attivisti del fronte anti-Ilva promettono battaglia. Per cittadini, associazioni e movimenti, che oggi hanno tenuto una conferenza stampa sotto un grande manifesto con la scritta «Bruci la città», la riaccensione dell’altoforno 1 - che si affiancherà all’altoforno 4 attualmente in funzione, in attesa della ripartenza dell’Afo2 nei primi mesi del 2025 - "innescherà una nuova bomba di elevato potenziale inquinante, i cui venefici risultati ricadranno su centinaia di migliaia di esseri umani - bambini, donne uomini -, minandone ulteriormente la salute». «Lei - osservano gli attivisti in una lettera aperta al ministro - sorriderà, stringerà mani di personalità istituzionali e non, forse brinderà a un successo che il suo governo ha così prepotentemente voluto. Fino a che punto si possono spremere i lavoratori e gli operai per il profitto? Fino a che punto può negare le evidenze medico-scientifiche? Fino a che punto può chiudere gli occhi davanti a ben 5 condanne dello Stato italiano da parte della Cedu per non aver tutelato la vita dei cittadini di Taranto e di tutti i lavoratori?». Tutto questo, concludono, «per niente. Perché sappiamo bene che quella fabbrica non ha futuro e non può essere salvata».
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