«Signora, guardi che l’esito negativo del test di Beta Hcg che ha ricevuto due giorni fa non è corretto. In realtà ci siamo, lei è in stato di gravidanza». A chiamare è il laboratorio analisi dell’ospedale regionale Parini di Aosta. A rispondere sono due donne inserite in un percorso di fecondazione artificiale.
Il problema al sistema che analizza i campioni di sangue è emerso tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre. Visitando una delle due pazienti, un ginecologo del centro di Procreazione medicalmente assistita dell’ospedale Beauregard ha notato una discrepanza rispetto al test negativo. Subito è stato avvisato il laboratorio analisi. Qui, ogni giorno, vengono processate tra le cinquemila e le seimila provette, e proprio in questo periodo è in fase di rinnovo il materiale tecnologico. La verifica a tappeto ha isolato gli errori: 11 i risultati invertiti, ma solo tre erano già stati consegnati. Il terzo esame confermava un esito negativo, ma con un valore numerico differente.
«Siamo abbastanza sollevati dal fatto di non avere avuto conseguenze importanti sulle donne», commenta il dottor Mauro Occhi, direttore sanitario dell’unica azienda Usl della Valle d’Aosta. Dopo i colloqui con i propri medici - assicura il dirigente - nessuna di loro ha avuto necessità di assistenza psicologica.
La questione riguarda il macchinario, una strumentazione di metodologia immunometrica, che consente di «processare tutti i campioni di sangue e attribuire una diagnosi per ognuno», associando un preciso codice informatico. Ogni anno il nastro trasportatore convoglia verso l’analizzatore circa due milioni di provette.
Quel giorno «la società fornitrice, queste grosse aziende multinazionali che forniscono la strumentazione di tecnologia» ha «probabilmente compiuto dal punto di vista della procedura un errore umano e ci ha fornito 11 codici sbagliati, per fortuna otto non sono neanche stati consegnati». Da quando "ci siamo accorti dell’errore a quando abbiamo parlato alle donne sono trascorse 48-72 ore», spiega Occhi.
L’azienda Usl della Valle d’Aosta, sottolinea il suo direttore sanitario, «non è responsabile perché sono i fornitori che ci hanno dato un’informazione sbagliata, ma questo non vuol dire. Li abbiamo contattati, ci hanno dato totale disponibilità, assumendosi la responsabilità del fatto. Quindi diciamo che ci siamo comportati in maniera moderna, efficace, veloce, tempestiva e con la giusta attenzione per le persone».
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