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Ventottenne messinese muore in carcere a Catanzaro, l'avvocato: “Il referto parla di arresto cardiaco ma la famiglia vuole vederci chiaro”

Un'immagine simbolica della cella di un carcere italiano . ANSA

È morto in carcere il 28enne messinese Ivan Domenico Lauria. A darne notizia è il suo avvocato, Pietro Ruggeri di Messina. «Mi hanno informato ieri sera i suoi familiari», afferma il legale. «Avrebbe dovuto scontare il tutto diverse pene per un totale di 11 anni, 2 mesi e 21 giorni. A Ivan Domenico Lauria, tossicodipendente e invalido civile al 75% con gravi problemi di salute - accertati anche da consulenti d'ufficio nominati nel corso dei vari procedimenti - non era stata concesso il differimento dell'esecuzione della pena. Innumerevoli le richieste - dal 2021 in poi - di avvicinamento in carcere in cui la madre, nominata amministratrice di sostegno, avrebbe potuto più facilmente accudirlo. Consistente anche il numero di richieste di collocazione in una struttura più adeguata alla cura delle patologie del ragazzo, tra l'altro avallate e richieste anche dall’Asp di Trapani e dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria della casa circondariale di Trapani. Di fatto, in realtà, il trasferimento è avvenuto ma in strutture come Palermo, Rossano e Catanzaro sempre più distanti dalla madre. Ed è proprio a Catanzaro che è morto, secondo il certificato medico, per abuso di sostanze stupefacenti e arresto cardiaco. Il corpo del ragazzo presenta evidenti ematomi e ferite da taglio oltre che parti del corpo sanguinanti: la madre e i familiari sono andati questa mattina a prenderlo per portarlo a Messina. Nel frattempo presenteranno una denuncia per chiarire le modalità del decesso».

Il commento della Garante dei detenuti Lucia Risicato

Invano, negli ultimi mesi, i garanti territoriali hanno testimoniato la situazione drammatica delle carceri italiane: 80 suicidi dall’inizio dell’anno, a fronte di un sovraffollamento quasi superiore a quello per il quale, nel 2013, l’Italia è già stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Lo iato tra la dimensione costituzionale dell’esecuzione della pena e quella reale è ben espresso dalle circostanze della morte del giovane Ivan Domenico Lauria, su cui ci auguriamo venga fatta immediata chiarezza.
La chiarezza è necessaria perché il legale documenta segni di violenza sul corpo che richiedono una spiegazione. Perché, come spesso Leonardo Sciascia ha sottolineato, quando un uomo entra vivo in edificio dello Stato e ne esce morto siamo di fronte ad una sconfitta dello stato di diritto, ma soprattutto perché un detenuto tossicodipendente, invalido al 75 per cento e affetto da gravi problemi di salute non avrebbe dovuto trovarsi in carcere e, meno che mai, in un carcere lontano dal suo luogo di residenza.
La chiarezza, beninteso, è necessaria anche nell’interesse di tutti gli operatori penitenziari e, in particolare, della polizia penitenziaria, che agisce in condizioni spesso difficilissime condividendo i disagi dei detenuti.
Sebbene le gravi parole del sottosegretario alla Giustizia Delmastro sulle nuove auto in dotazione alla polizia penitenziaria lascino trapelare idee medievali sul trattamento delle persone ristrette, dobbiamo riaffermare il valore prioritario della dignità, che non si acquista per meriti e non si perde per demeriti, e la necessità che la pena non sia disumana. Se lo fosse, saremmo diventati disumani anche noi.

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