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Carriere separate dei magistrati, e se la riforma producesse un effetto boomerang?

Sulla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri che tanto sta agitando magistrati e forze politiche ho poche certezze ma un dubbio in più si è insinuato in questi ultimi giorni. La responsabilità è di Antonino Di Pietro che in una recente intervista al Corriere della Sera si è detto assolutamente favorevole alla riforma «perché il pm avrà più poteri di prima». Giudizio che mal si concilia con quanto affermato mercoledì scorso al Senato dal ministro Nordio, padre della riforma, che ha accusato i pubblici ministeri di essere oggi «superpoliziotti senza controllo» autori «di indagini eterne e occulte» e ha assicurato che non potrà più accadere.

Chi ha ragione nell’interpretazione di una riforma così platealmente contestata ieri dai magistrati in tutta Italia? L’ex magistrato eroe di Mani pulite o l’ex magistrato oggi Guardasigilli campione da sempre del garantismo? Non abbiamo le competenze giuridiche per entrare nel merito della questione, ma il rischio di un effetto boomerang forse c’è. Si tratta di quella situazione che si realizza quando una nuova legge produce effetti contrari a quelli che si prefiggeva. Si chiamano “conseguenze non intenzionali”.

Esempio di scuola è stato il Proibizionismo introdotto negli Stati Uniti negli anni Venti. Avrebbe dovuto abolire, o almeno limitare, il consumo di bevande alcoliche considerato una piaga sociale e sanitaria e invece, grazie al mercato nero, ne aumentò la diffusione e arricchì e rese più potenti le organizzazioni criminali. Non sono mancati esempi anche in Italia. Prendiamo i condoni edilizi. Avrebbero dovuto bloccare i futuri abusi e invece li hanno sovente incentivati. Pensiamo ad alcune norme restrittive sull’immigrazione per difendere il mercato del lavoro interno che hanno avuto come conseguenza un deficit di manodopera in alcuni settori con conseguenze negative sull’economia. Ma torniamo alla separazione delle carriere. In Portogallo è stata introdotta circa cinquant’anni fa alla caduta di Salazar. A prescindere dal grossolano errore nelle indagini che portarono due anni fa alle dimissioni del primo ministro incolpevole, sembra che oggi i “Magistrados do Ministèrio Pùblico” siano diventati una casta intoccabile di inquisitori, sceriffi dagli arresti facili e sta nascendo un movimento di opinione contro, che in Italia si chiamerebbe “per una giustizia giusta”. È forse quanto potrebbe accadere se fosse corretta l’interpretazione data da Di Pietro su un rafforzamento di fatto dei poteri dei pm?
La verità è che fenomeni complessi e fortemente divisivi dovrebbero suggerire sempre un approccio più critico, più laico e mai ideologico anche per evitare che le nuove norme possano innescare un processo di eterogenesi dei fini.

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