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La capacità di disfarsi di stereotipi e lupare

Se fosse il “Gattopardo” Leoluca Orlando-don Fabrizio Salina sarebbe il protagonista della rivincita contro il destino crepuscolare fomentato dai rampanti alla Calogero Sedara, specchio di una generazione politica cresciuta senza scuole e militanza. Perché la “zampata” del sindaco di Palermo nasce da una personalità che si è fatta storia collettiva, radicata in Sicilia ma capace di avere un ruolo negli ultimi quarant’anni della politica italiana. Ed è con questo patrimonio politico che Leoluca Orlando ha potuto giocare la carta decisiva per bruciare i concorrenti sul traguardo.

Con l’abilità di un Gattopardo ancora libero di cacciare, ha raccontato di una città in movimento che si è spogliata di stereotipi e lupare, come lui si è disfatto dei simboli dei partiti. Una città che riconquista spazi urbani per esaltare la bellezza trascurata, senza rinunciare allo slancio moderno delle città europea.

Il riconoscimento “Capitale della cultura italiana” non è solo l’intramontabile e compassionevole incoraggiamento al riscatto sudista. No, qui c’è altro. Una Palermo ambiziosa che sta ricostruendo un’identità smarrita. Quella nobile e fiera della sua diversità, estuario di culture che riaffiorano dalla storia.

Orlando in questi anni ha riaperto le danze. Come un Gattopardo che non vuole più aspettare l’invito di Angelica per ballare il valzer.

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