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"Liberi di scegliere", il regista Campiotti: «Tornerò in Calabria, mi avete accolto benissimo»

Il regista Giacomo Campiotti al mercato Sant'Orsola in occasione delle riprese del film

«Tornerò in Calabria perché mi avete, come sempre accolto bene. Ho mangiato il vostro pane, provato l’olio e il vino di Reggio». Alla fine sintetizza con una battuta il suo affetto per i calabresi Giacomo Campiotti, il regista del film “Liberi di scegliere”.

Non è stato semplice descrivere scelte così delicate rispettando il fondamentale lavoro che il presidente del Tribunale sta facendo attraverso il Protocollo “Liberi di scegliere” da cui è stato tratto il titolo del film. Il regista, noto anche per aver diretto la fortunata serie “Braccialetti rossi”, è in partenza per raggiungere Roma dove questa mattina presenterà il film in anteprima alla Camera dei Deputati.

C’è grande attesa perché non si tratta di una semplice fiction ma di un film che si ispira a storie vere e che non cerca il lieto fine perché – ha spiegato Campiotti – «ha già un lieto fine dal momento che ogni giorno bussano all’ufficio del giudice Di Bella tante mamme che adesso chiedono un altro futuro per i loro figli. Grazie a lui si sta sfatando il mito che la ‘ndrangheta si eredita, ma ora i giovani delle famiglie mafiose possono prendere in mano la loro vita. Il film è stato girato in Calabria, terra bellissima dove sono già stato quando ho lavorato con Beppe Fiorello, però questa volta ho capito che avete tante Calabrie perché non è semplice raggiungere una vallata da un’altra».

È soddisfatto del lavoro realizzato grazie alla collaborazione della Film Commission Calabria «che adesso funziona molto bene», ha affermato Campiotti, che comunque conosce pure le tante criticità di questa terra.

«Però – ha aggiunto – ormai la ’ndrangheta è più in Lombardia che in Calabria. Questo non è un film massimalista ma cerca di capire le difficoltà di chi si vuole opporre alle logiche mafiose e che ora con questo giudice ha la possibilità di avere davanti lo Stato, di potersi fidare. Il suo protocollo è in sperimentazione ma sta avendo successo. Ma non è semplice ovviamente. Noi abbiamo voluto raccontare anche il senso di smarrimento di questi ragazzi, attraverso la storia di uno dei protagonisti, perché entrano in un mondo che è imperfetto, in cui devono imparare nuovi codici, altre regole. Oppure se restano nella loro famiglia d’origine devono accettare di essere una pedina nelle mani del padre».

Campiotti sa che la Calabria può riscattarsi e lo ha capito anche conoscendo Carlo, un agricoltore reggino che ha deciso di restare nella sua terra e vivere dei frutti del suo sudore. Una vittoria.

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