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"Punta da un chiodo in un campo di papaveri", nuovo album per la calabrese Ylenia Lucisano

A novembre 2018 ha pubblicato il brano “Il destino delle cose inutili”

È uscito nei giorni scorsi l'album “Punta da un chiodo in un campo di papaveri” (Universal Music Italia), della cantautrice di Rossano Ylenia Lucisano, che con Eman ha rappresentato la Calabria sul palco del Primo Maggio a Roma, dove ha eseguito il singolo di lancio “Non mi pento”. L'album è prodotto, arrangiato e mixato da Taketo Gohara e scritto con autori del calibro di Cinasky, Paz, Renato Caruso.

Il titolo è tratto da un verso di “A casa di nessuno”, brano apripista del disco: «Ho voluto dare all'album, più che un titolo, un'immagine - sottolinea l'artista - in modo che chi lo leggesse potesse immergersi in un mondo degno di “Alice nel Paese della Meraviglie”. Quest'immagine rimane più impressa della parola perché ricorda un sogno che ho fatto. Spesso trascrivo i sogni e ne traggo canzoni».

È un disco pieno di riflessioni sulla vita, spesso autobiografiche, come “Non mi pento” o come “Lenzuola bianche”, “Canzoni e pane”, “Mentre fuori sta piovendo” e “Meraviglia”. Esiste un fil rouge tra i brani?

«Più fil rouge: ogni pezzo rimanda all'altro. L'idea del disco è nata proprio dalla volontà di narrare non tanto episodi di vita, quanto sensazioni legate ad esperienze che ho vissuto e maturato, e di cui ho voluto capire cosa mi avessero lasciato in questi ultimi dieci anni, da quando mi sono trasferita dalla Calabria a Roma e poi a Milano. Il brano “Meraviglia” è il filo conduttore di tutto l'album, perché ogni parola, così come ogni nota di questa canzone nascono da una particolare sensazione. Mi sono voluta stupire ogni volta che ho scritto un testo, eseguito una canzone, e ho voluto fortemente che i musicisti provassero la stessa emozione, che fosse condivisa da tutto il gruppo di lavoro».

“Non mi pento” l'hai cantata al Concertone del Primo Maggio. Come hai vissuto questa esperienza?

«Nel pezzo si parla di far tesoro degli errori piuttosto che denigrarli o piangersi addosso, e nasce da un motto che ripeto a me stessa: non mi pento di tutte le volte che ho sbagliato, o ferito le persone, perché cerco di farne esperienza per diventare una persona migliore. La prima volta al Primo Maggio fu nel 2015 con “Movt Movt”, con una certa incoscienza e meno emozione di oggi. Stavolta ero molto più consapevole, per cui sentivo maggiore responsabilità e più batticuore che ho cercato di trasformare in una grinta...».

Dal punto di vista musicale prevale il folk acustico, alternato a brani d'impronta blues. Che lavoro avete fatto col produttore Taketo Gohara?

«C'è una contaminazione che parte dal cantautorato italiano fino a quello folk americano e al blues. Abbiamo preso come artisti di riferimento Edie Brickell, Johnny Cash, The Lumineers, così come Beck e Joan Baez. Tanta musica di contaminazione quindi».

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