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Consigli di lettura, "Il picnic e altri guai" del naturalista Durrell

«Un racconto è come una casa. Ci entri e ci stai per un po', vagando avanti e indietro, e fermandoti dove ti piace» ha scritto Alice Munro, e, veramente, si sta come in una casa nei sei racconti di “Il picnic e altri guai” (Adelphi, traduzione di Franco Salvatorelli) di Gerald Durrell (1925-1995), scrittore ma anche naturalista, zoologo ed esploratore, famoso per aver fondato (come avvertono le note in calce ai racconti), la Durrell Wildlife Conservation Trust, in difesa delle specie in via d'estinzione. E tanti, nella sua vita varia e interessante, dalla nascita in India agli anni trascorsi a Corfù, ai suoi viaggi per il mondo, sono gli scritti di Durrell dedicati agli animali, anche se, curiosamente, in questa raccolta gli animali non appaiono. C'è, tuttavia, un altro tipo di “animali”, gli umani, osservati con l'occhio del biologo e con lo strumento dell'ironia, ad animare le sei storie costruite con una geometria romanzesca assai interessante.

Ciascuna appartiene a un genere diverso, spaziando dal comico-umoristico all'erotico, al macabro, all'horror, ma ciascuna ha il pregio del dettaglio narrativo che, dilatando il tempo del racconto, accresce la suspense, anche quando il narrato appartiene all'esperienza quotidiana. Così il picnic in famiglia, in Inghilterra, che apre la raccolta, è chiaramente autobiografico, ma le situazioni esilaranti che trasformano quella giornata in una serie di guai sono narrate, tra calembour e battute spiritose, in una deliziosa commedia, cui seguono i racconti “Il viaggio inaugurale” e “Scuole di èlite”, due avventure di “viaggio”, l'una in crociera, su una malmessa nave greca, l'altra a Venezia, strumento per raccontare la varietà della specie umana.

Ironico-erotico è “Sesso a gogo”, che gioca sull'ignoranza del medio individuo, che, con sgomento dell'autore, come si dice nell'incipit, sembra aver letto davvero molto poco. E perciò, da qui, una serie di fraintendimenti “erotici” che generano l'ilarità e la preoccupazione dell'autore. E tutto, per “colpa” di un libro, trovato nel grembo caldo, meraviglioso, protettivo, di una storica biblioteca inglese (bellissimo l'elogio dei libri nelle pagine iniziali del racconto).

Surreale e macabro nella conclusione, nonostante la medietà iniziale, con la descrizione di un delizioso ristorante della provincia francese, è “L'uomo della Michelin”, cui segue il racconto più lungo della silloge, “La via di accesso”, che con l'espediente del manoscritto ritrovato narra una storia di diabolico orrore. Che si fa leggere, con grande attesa, vagando avanti e indietro, proprio come ha scritto la Munro.

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