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“Overland”, per viaggiare quantomeno con l’immaginazione

Siamo convinti che mai come in questo periodo “covidiano” le trasmissioni con tematiche documentaristiche e turistiche abbiano riscontrato il gradimento del pubblico abituato a viaggiare. Per chi ama spostarsi, visitare luoghi, vicini o lontani che siano, il “fermo biologico” suggerito da questo momento storico è una vera limitazione, al quale fanno da consolatorio placebo i programmi di viaggi. Fra questi, uno in particolare, Overland, si può guardare con grande interesse ma senza provare invidia o rammarico, perché le spedizioni della carovana di Beppe Tenti, che dal 1995 portano in giro su tutte le strade del mondo, non sono certamente per il turista fai da te.

Da metà agosto, su Raiuno, in seconda serata, è in programmazione l’edizione n.21 fra Svezia, Islanda e isole Faroe. Ciò che di Overland ci è sempre piaciuto e continua ad affascinarci, è questo mescolare continuo della meta con il viaggio in sé, l’esperienza del percorso che fa intensamente parte della destinazione. Quelle di Overland sono avventure programmate, con percorsi attentamente pianificati e studiati, ma che nel loro svolgersi, non appaiono affatto costruite e nulla perdono del vissuto e della spontaneità del racconto.

Fino a qualche anno addietro le spedizioni erano guidate da Beppe Tenti, che con il suo tono sempre entusiasta e un po’ bonario aveva la capacità di farti sentire veramente parte del viaggio, ospite di un camion della carovana. Da qualche edizione, probabilmente anche a causa dell’età, Beppe Tenti resta alla regia del programma, ma in viaggio ci va il figlio Filippo. E, purtroppo, non è più la stessa cosa. Non che il giovane Tenti non sia all’altezza del compito, anzi, un occhio più giovane e attento ai tempi offre una lettura diversa dei luoghi e delle situazioni, solo che non riesce a trasmettere la stessa carica emotiva paterna. Fra l’altro, a nostro avviso, le spedizioni hanno un po’ perso il tono spontaneamente avventuroso per assumere connotati meno autentici e troppo marcatamente commerciali.

Comprendiamo, infatti, la necessità per una spedizione del genere di avere uno sponsor di peso, nella specie una nota marca di caffè, ma ci appare eccessiva la frequenza con la quale i viaggiatori di Overland si fermano in ogni dove per mettere la moka sul fornello da campeggio. E, badate, non una moka qualsiasi, ma in porcellana, che, con tutti gli scossoni delle strade sconnesse attraversate dai fuoristrada, ci chiediamo come possa arrivare sempre integra. A meno che il carico della spedizione non preveda fra i copertoni e i pezzi di ricambio anche un enorme quantitativo di caffettiere.

L'articolo nell'edizione di oggi della Gazzetta del Sud

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