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Il milazzese Natale Torre, l’uomo che sussurrava agli alberi e ai fiori

Una storia tutta “verde” raccontata da un calabrese. Il “vivaista e coltivatore” Natale Torre e i suoi preziosi giardini siciliani pieni di meraviglie

La sindrome di Stendhal è quel disturbo psicosomatico che si prova davanti a opere d’arte di particolare bellezza, che “entrano” in modo speciale nell’emozione di chi le guarda. Può accadere anche se si segue e si subisce lo “stordimento” provocato dalla bellezza della natura vivente, qual è quella di un incredibile turbinio di piante – e quindi di colori e di odori – che accoglie in un vivaio, noto più o meno in tutto il mondo? Il libro “Natale Torre. I giardini del sole” del calabrese Gaetano Zoccali (Officina Naturalis editore) propone al suo inizio una sensazione di vertigine decisamente simile alla sindrome di Stendhal, che è quella provata dall’autore nel visitare questo vivaio “casa e bottega” di Milazzo. Ma che poi si estende, attraverso la conversazione con Torre, a tutto il libro.
Il “fiorire” continuo dei nomi scientifici delle piante potrebbe confondere il lettore non specialista e neppure semplice appassionato, ma che è solo attratto da un mondo che, come quello degli animali domestici, è in grado di far compagnia all’uomo (e dargli anche nutrimento) a patto che se ne rispettino esigenze e desideri. Invece la capacità di Zoccali e Torre di raccontare la “vita quotidiana” di alberi, piante, fiori e frutti consente al libro il salto di qualità per essere non solo specialistico, ma parlare a tutti.
Gaetano Zoccali, giardiniere e giornalista, è di Reggio Calabria, anche se da tempo vive e lavora a Milano (con il suo balcone-vivaio) e tutta l’area di Sicilia e Calabria è coinvolta nelle pagine, in cui le scelte (che all’inizio potevano sembrare temerarie) di Natale Torre di portare e adeguare piante tropicali nel nostro clima si sono dimostrate vincenti, tanto da poter parlare di «raccolto tropicale a chilometro zero». Ma prima di arrivare alle scelte economiche, si deve sottolineare la passione di quello che è un autentico “cacciatore” di piante in ogni parte del mondo. Non a caso, il luogo che fa vedere per primo è il “giardino delle curiosità”: «… È il mio caveau dei tesori, l’ho iniziato nel 1998 ed è in continuo divenire».

Qui ci sono le piante che non dovrebbero e non potrebbero esserci: specie insolite di hibiscus, molte varietà di guava che producono frutti ricchi di vitamina C e di ferro, e tanto altro, tutto abitato anche da ogni sorta di pennuti. Un vero eden. Il dialogo-narrazione, dopo il vivaio, tocca il Giardino del Gelso (ex Villa Zirilli, sempre a Milazzo) e l’Orto botanico di Palermo, altro luogo di “piante strabilianti”. Torre, 70 anni, dopo la laurea in agraria a Torino e la specializzazione in frutticoltura tropicale a Firenze, ha collaborato con il Ministero dell’Agricoltura, ma poi ha preferito tornare a casa, nei luoghi del padre, tanto che lui stesso sostiene di essere anzitutto coltivatore e poi vivaista. «Ogni pianta è un individuo», spiega, condannando la facile moda dell’uniformità.
La scheda dell’editore ricorda come Torre abbia portato in Sicilia «negli ultimi due decenni, anche le varietà di mango e avocado più adatte al nostro Sud. È lui l’artefice della riconversione che vede oggi la trasformazione degli agrumeti purtroppo caduti in stato di abbandono in coltivazioni di avocado e mango. Dove il clima lo consente, queste piante fanno coincidere sostenibilità ambientale ed economica. Torre è una guida per molti giovani che vogliono innovare con la frutticoltura alternativa».
Così il libro propone tutta una serie di argomenti di estrema attualità. Dalla necessità della presenza delle api ai veleni di glifosati e altre sostanze, dall’architettura paesaggistica alla moda delle vendite online («la cosa più curiosa è che qualche volta le nostre piante vendute a importanti distributori sparsi in Europa, tornano in Sicilia, acquistate attraverso internet»), dalle alberature stradali ai giardini verticali (su cui Torre è molto critico) e alla convivenza con la raffineria, e così via. Infine, i ricordi della vita sociale contadina, la microstoria etnica delle trasformazioni dei campi e nei campi, le giornate da vivaista ieri e oggi.

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