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Non conoscete i noir di Frédéric Dard? Andate a leggerli!

Fu uno dei più creativi e prolifici autori del Novecento francese

A due passi dall’estate, con una mossa strategica, Rizzoli rilancia una grande voce del noir francese, ingiustamente dimenticata: Frédéric Dard. Amico di lungo corso di Georges Simenon e Louis-Ferdinand Céline, il quotidiano Le Figaro lo elesse come il loro erede sulla pagina.
Nato nel 1921, cresciuto a Lione da una famiglia travolta dalla crisi, morì a Bonnefontaine nel 2000, a 78 anni. Dard fu tra gli scrittori francesi più prolifici del Novecento, basti pensare che la sua serie sul commissario Sanantonio (San-Antonio nell’originale francese) arriverà a contare 175 titoli, approdando più volte e in varie versioni al grande schermo.

Narratore inesauribile, Dard firmò 400 romanzi, vendette 200 milioni di copie, puntando tutto sul noir con introspezione psicologica, con libri pieni di suspense e ritmo, osando sulla lingua, creando una moltitudine di neologismi destinati a far scuola. Perché non ne abbiamo sentito parlare, allora?
Rimasto all’ombra dei maestri, Rizzoli il primo giugno ha riportato dello scrittore francese in libreria “I bastardi vanno all’inferno”, scritto nel 1959. Si narra di un’evasione di due galeotti, di una fuga precipitosa, della natura umana sospesa fra il male e la redenzione e del senso di giustizia. Uno dei due evasi è un poliziotto infiltrato, l’altro un pericoloso gangster e in una narrazione che tutto sospende, sino all’ultima pagina non sapremo le loro vere identità, propensi a parteggiare ora per uno, ora per l’altro.

Nella medesima collana NeroRizzoli – tradotti da Elena Cappellini che è riuscita nel compito di addomesticare e far brillare una lingua ricchissima e tumultuosa – recentemente avevano già trovato spazio “Gli scellerati”, un romanzo nero e tesissimo, duecento pagine per raccontare la Francia della notte, per un libro dalle grandi atmosfere cinematografiche. Così come “Il montacarichi” – scritto nel 1961 e pubblicato in Italia nel 2019 – il più celebre del terzetto, considerato un masterpiece dei noir europei, con una femme fatale indimenticabile che, nel film diretto da Marcel Bluwal nel ’62, venne interpretata da Lea Massari.

Come detto, la fama commerciale di Dard è legata al Commissario Sanà – ritratto sovente con le fattezze di Jean-Paul Belmondo – un uomo atletico, intelligente e irresistibile seduttore, protagonista di trame poliziesche che sconfinano nel genere spy, fra capitomboli sessuali e colpi di scena. Fra il 2014 e il 2015, E/O ne ha ripubblicati alcuni nella nuova traduzione di Bruno Just Lazzari – fra questi “Giù le zampe”, “Facce da funerale” e “Per stavolta don Antonio” – omaggiando la lingua brillante di Sanantonio, quel susseguirsi di inseguimenti e sparatorie che li rendono titoli perfetti per l’estate (non semplici da trovare ma la fatica verrà ripagata).

Rizzoli, rilanciando Dard in questo mare confuso e tumultuoso che è il mercato editoriale, ha allegato una sorta di dossier-Dard con le testimonianze dello scrittore Massimo Carlotto – «il segreto di questo straordinario successo sta nel fatto che i suoi romanzi sono divertenti» – e del critico Antonio D’Orrico – «Il Montacarichi è così speciale che andrebbe lanciato come un missile negli spazi siderali per testimoniare ai posteri i vertici toccati dalla letteratura novecentesca».

Dard fu popolare e amatissimo, e al contempo sopraffino, come dimostrano le parole con cui lo ricordò l’allora presidente francese, Jacques Chirac alla sua morte: «La nostra lingua ha perso uno dei suoi maghi, uno di quelli che hanno saputo aggiungere ai suoi colori, alla sua vividezza, alla sua forza». Cosa rimane di questo autore che firmò con almeno diciassette pseudonimi – fra cui Cornel Milk e L’Ange Noir – e che secondo il New York Times diede vita ad una lingua di neologismi letterari per raccontare la notte francese? Restano i libri, per fortuna. E uno alla volta, vi consigliamo di leggerli. Senza fretta, come quando si sorseggia un pastis nella calura dell’estate, gustando l’aroma di anice e quello di liquerizia, proprio come farebbe Fabio Montale, il protagonista della trilogia di Jean-Claude Izzo. Ma questa è un’altra (meravigliosa) storia.

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