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«Avevo tre anni ad Auschwitz, noi bimbi sottoposti a esperimenti in laboratorio»

La storia di Lidia Maksymowicz: Ai giovani: «Il futuro è nelle vostre mani, mai più quegli orrori»

Aveva tre anni Lidia Maksymowicz quando è stata deportata su un carro bestiame, insieme alla sua giovane madre, nel campo nazista di concentramento di Auschwitz-Birkenau. È finita nella «baracca dei bambini» da dove prendeva le sue cavie il dottor Joseph Mengele e della madre, che aveva aderito alla resistenza bielorussa e per questo era finita nel lager con la figlia, avrebbe poi ricordato per anni solo le mani da cui prendeva qualche briciola di cibo quando di notte con grande coraggio lei strisciava di nascosto per portarle da mangiare.
«Mengele ci utilizzava per i suoi esperimenti pseudo-medici. Sceglieva i bambini belli, forti, soprattutto i gemelli. Io ero una tra le cavie più piccole. Mi ricordo gli effetti di questi esperimenti. Ci facevano delle iniezioni in laboratori vicino ai forni crematori. Ci prelevavano il sangue e ci facevano delle infusioni negli occhi per farli diventare azzurri. Molti perdevano la vista, a me non è successo perché avevo già gli occhi azzurri e sono stata risparmiata. Quando tornavamo nelle baracche avevamo la febbre altissima perché su di noi testavano anche vaccini delle case farmaceutiche tedesche. Pochi restavano vivi e sui corpi di quelli che morivano facevano le autopsie e prelevavano gli organi» racconta all’Ansa la Maksymowicz a Roma con “La bambina che non sapeva odiare. La mia testimonianza”. Scritto con il vaticanista Paolo Rodari, il libro esce per il Giorno della Memoria, pubblicato da Solferino, con la prefazione di Papa Francesco che Lidia ha incontrato ieri per la seconda volta dopo quella del 2021 in cui ha mostrato al Santo Padre il suo braccio tatuato con il numero 70072 e il Papa lo ha baciato.
«Ho interpretato quel gesto come un omaggio a tutti i bambini che in diverse circostanze hanno perso la vita durante la seconda guerra mondiale. Fino alla morte non mi scorderò di questa straordinaria opportunità che ho avuto. Papa Francesco è una persona speciale». Da quell’incontro è nata, con Paolo Rodari, l’idea di questo libro che ha un messaggio di Liliana Segre e un altro di Sami Modiano e un commovente inserto di foto in bianco e nero. «Insieme abbiamo deciso di raccontare la mia esperienza perché finora sono stati scritti libri di superstiti adulti, mentre la storia dei bambini è stata sempre tralasciata. Non bisogna dimenticare che soltanto ad Auschwitz-Birkenau sono morti oltre 200 mila bambini» dice la Maksymovicz. «Quello che si vede andando a vistare Auschwitz non rispecchia minimamente quello che abbiamo passato là» sottolinea Lidia che oggi ha 81 anni e vive a Cracovia. «Nascondevo questo numero che ho sul braccio perché mi vergognavo» racconta Lidia che è stata per 13 mesi ad Auschwitz ed è la la bambina che è vissuta più a lungo nel campo. Ai giovani rivolge un appello: «Il futuro è nelle vostre mani. Non dovete permettere che si ripetano quegli orrori».

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