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Le sentite cantare, le Fate? Il nuovo libro della scrittrice "strettese" Nadia Terranova

Un cortile di Palermo, una gatta nera, una bambina saggia e i fanatici “soldati” dell’Inquisizione: minitrattato di disobbedienza, cura e ricerca della felicità

A pochissimi mesi da “Trema la notte” (Einaudi), il romanzo ambientato nei giorni del terremoto del 1908 sulle due sponde del suo Stretto, Nadia Terranova, la scrittrice “strettese” nata a Messina e cittadina del mondo, ha scritto un altro piccolo romanzo, una fiaba per bambini appena uscita, nei giorni “magici” di Ognissanti e dei Morti, nei giorni dei fantasmi benevoli che tornano a trovarci, che proprio nelle terre dello Stretto e del Sud tutto marcano ancora un rapporto fortissimo con i luoghi, e la trama di relazioni e affetti che li tiene assieme.

“Il cortile delle sette fate” (Guanda) è un libretto magico, con le illustrazioni preziose di Simona Mulazzani (nota al pubblico per le belle immagini che accompagnano le favole di Luis Sepúlveda pubblicate nella stessa collana “Le gabbianelle”, ma anche testi di Gianni Rodari, di Paola Mastrocola) ed è anche questo, come tanti altri libri di Terranova, un ritorno alla Sicilia. Che stavolta non è quella “strettese” dove sono ambientati tutti i tre romanzi “per adulti” della scrittrice, ma quella occidentale: la piazzetta Delle Sette Fate esiste davvero, a Palermo, nel quartiere Ballarò. Ed esistono narrazioni che la riguardano, lontane e stratificate nel tempo, ma sempre presenti.

Basta tendere l’orecchio, dopotutto, come invita subito a fare la narratrice, per sentire ancora bisbigli e fruscìi e persino miagolìi: le storie ci aspettano, ci chiamano, se sappiamo ascoltarle. «Le storie nascondono sempre altre storie», dice Nadia Terranova, che è una cercatrice di storie disseminate nel mondo, dai miti più antichi (quelli dello Stretto li ha raccontati nel libro “Omero è stato qui”, Bompiani) alle vicende più vicine a noi (le storie sgorgate dal buco nero del terremoto, il passato prossimo di Messina, di una generazione che ha vissuto l’impegno politico come lotta tragica, il presente di una città cancellata periodicamente dalla nebbia lucente del mare, sempre in bilico tra dimenticare e ricordare, vivere tra i fantasmi e liquidarli). E di ogni viaggio, visita, incontro, folgorazione, amore, fa «occasione di conoscenza», e di narrazione.

«La mia narrativa – mi dice – è sempre stata legata ai luoghi, sai quanto ho “saccheggiato” il nostro Stretto per gli adulti e per i bambini, e sicuramente continuerò a farlo. Però l’incontro con Antonio, il mio attuale compagno, che è palermitano, mi ha fatto vedere, anche grazie all’amore, un’altra Sicilia, una Sicilia forse da me meno conosciuta. Questo libro è dedicato a lui e a nostra figlia Luna, che naturalmente è per metà siciliana d’Oriente e per metà d’Occidente, ed è stato come volere attraversare anche quella sua anima da siciliano occidentale che mi è ignota, che per me è misteriosa. Per me tutto è occasione di conoscenza, anche l’amore».

La piazzetta delle Fate, il racconto che ne fa Giuseppe Pitrè – il più famoso collezionista di storie siciliane – sono stati un innesco: da storia nasce storia, e alle fate disobbedienti di cui la tradizione ha lasciato un cenno si sono aggiunti i temi di sempre dell’immaginazione, della narrativa di Terranova. Una bambina sveglia e impavida, una gatta di nome Artemide con tante vite (ma tutte impiegate per imparare qualcosa, per amare qualcuno), un circolo di donne sapienti e amorose riprendono e svolgono quella storia rimasta a dormicchiare sulle pietre palermitane. E ci parlano di disobbedienza, di libertà della fantasia, di necessaria resistenza al male: la storia si svolge sotto la feroce Inquisizione, tempi duri per gatti neri, specie se gatte nere, per bambine solitarie, per donne sapiture – “magare”, “donne de fora”, “ciarmavermi” – temute perché praticano l’arte della guarigione (che in realtà, sappiamo, è anzitutto arte della cura e della solidarietà, arte dell’ascolto e del dono).

Una storia delicata e piena di bellezza, ma anche un piccolo trattato etico, una ricetta di felicità: le storie per bambini possono servire anche a questo?
«Io penso – dice Nadia Terranova – che quando si scrive, sia per i più piccoli che per i più grandi, non bisogna pensare mai a cosa può servire la letteratura, cioè non bisogna pensare a inserire scientemente un messaggio etico. Però capita che la propria visione del mondo, come è giusto che sia, entri nella storia che si sta scrivendo. In un momento, tra l’altro, in cui le donne sono minacciate, come oggi, in cui sappiamo che la libertà delle donne di disporre del proprio corpo, della propria vita, è minacciata, forse è stato normale scrivere una fiaba che ci ricorda un altro periodo in cui la libertà delle ragazze, delle bambine, delle donne era estremamente limitata. Il parallelismo è stato inconscio. E se le ragazze, le bambine e i bambini, soprattutto, imparano da questa fiaba che esiste una persecuzione, esiste un progetto di persecuzione e però si può resistere grazie alla disobbedienza, alla fantasia, alla magia, allora io sono contenta, e credo che la letteratura per l’infanzia, mentre intrattiene, mentre diverte, mentre trasporta in mondi lontani sicuramente veicola visioni del mondo».

Che poi la bambina protagonista, Carmen – nelle cui pupille si possono vedere nitidamente palpitare le ali bianche della libertà – ci rammenta tanto le bambine e le donne dei romanzi di Terranova (“Il segreto”, uscito lo scorso anno, parla di gatti magici e di una bambina testarda; in “Trema la notte” donne libere e bambine volitive trasformano la sopravvivenza in rinascita; la bambina desolata di “Addio fantasmi” sopravvive al naufragio della famiglia, all’abbandono-sparizione del padre). E sembra sempre difficile separare le due “narrative”, la Terranova dei romanzi e la Terranova dei libri per ragazzi, come se ciascuna nascesse sempre dall’altra, e si alimentassero reciprocamente.

«Quando finisco di scrivere un romanzo – conferma la scrittrice – ho sempre voglia di scrivere alcuni libri per ragazzi. Più d’uno: un albo, una storia, una fiaba, un romanzo. Così ora, dopo essermi parecchio “svuotata” con “Trema la notte”, cui ho dato tanto di quello che avevo accumulato negli ultimi anni, ho tante idee per i più piccoli, E poi lentamente si riforma quella idea “grande”, quella idea “per adulti”, che ci mette più tempo a venire fuori, è meno immediata. Io son sempre io, in tutte le storie che scrivo, a chiunque siano destinate, però ho una velocità diversa, nelle storie per l’infanzia, hanno un livello di sedimentazione minore».
Perché storia chiama storia, e questo – direbbero le Sette Fate – è conoscenza, e amore.

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