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“Attori europei” un grande progetto di condivisioni

Fra Teatro della Toscana e Théatre de la Ville

Creare una nuova figura di interprete, nell’ambito di una cooperazione transnazionale, l’obiettivo de “L’attrice e l’attore europei”, progetto nato dalla partnership fra Teatro della Toscana e Théatre de la Ville di Parigi, che negli ultimi cinque anni hanno condiviso importanti riflessioni su questioni artistiche, culturali e sociali, plasmando e arricchendo ogni giorno lo spazio comune franco-italiano nel cuore dell'Europa.
Creare ponti tra le discipline, i Paesi e le generazioni, lo scopo di un impegno culturale che, nel segno dei valori della Carta 18-XXI redatta un anno fa dai due teatri, punta ad un nuovo modello di teatro e di attore, aperto a sollecitazioni sociali e sfide del presente e del futuro.
La formazione quindi principale obiettivo del progetto – presentato alla stampa al Teatro La Pergola di Firenze – che trova il suo punto di forza in nuove forme pedagogiche senza confini nazionali e linguistici, integrando culture lontane e differenti. Prima realizzazione del progetto sarà la riproposizione di “Ionesco Suite”, spettacolo identitario del Théatre de la Ville, tributo al grande drammaturgo francese e al Teatro dell’Assurdo che lo ha visto fra i maggiori esponenti. Un mosaico di frammenti di opere note e meno note dell’autore, diretto da Emmanuel Demarcy-Mota (direttore del Théatre de la Ville), che andrà in scena al Teatro della Pergola dal 30 marzo al 6 aprile, con l’inserimento nel cast di giovani attori del Teatro della Toscana, uno per replica.
La rappresentazione è stata preceduta da due workshop condotti a Firenze da interpreti del Théatre de la Ville di Parigi e dallo stesso Demarcy-Mota, rispettivamente dagli attori Stephane Krähenbühl e Gérard Mallet con Julie Peigne e Jauris Casanova.
Inoltre, dal 6 all’8 marzo i primi tre attori italiani selezionati per lo spettacolo si recheranno a Parigi, ospiti del Théatre de la Ville, per prendere parte alle prove. Ma, come ha illustrato il regista Demarcy-Mota, il progetto non è solo dialettica fra paesi europei, ma segna una traiettoria ideale per nuove forme di amalgama attoriale, con una finestra di dialogo col continente africano.
«La questione europea è la priorità perché cerchiamo di aver cura di ciò che è vicino a noi – ha detto – ma abbiamo anche l’obbligo di immaginare e pensare oltre ciò che vediamo. La Carta 18-XXI ci invita a mettere al potere la nostra immaginazione e farci guidare la essa. L’immaginazione è la nostra realtà, ed è l’insieme dei vari immaginari a confluire nel progetto di collettività, per creare assieme uno spazio in cui l’Europa e l’Africa siano un unico continente».
Un’Europa non ripiegata su se stessa e sulle proprie identità, quindi, secondo esperienze di cooperazione nel teatro europeo già in atto all’inizio del diciannovesimo secolo e anche prima, per andare oltre un sistema verticale: «C’è stata un’unione dei teatri dell’Europa ma non c’è stato un attore di una scuola africana e non ci sono quasi scuole di attori in Africa», ribadisce.
In programma alla Pergola, in occasione di “Ionesco Suite”, incontri con Marie France Ionesco, figlia del grande drammaturgo (31 marzo), e Fernando Arrabal (5 aprile), ultimo esponente delle grandi avanguardie storiche del Novecento, affiancato da Vinicio Marchioni, che leggerà alcune celebri lettere di Ionesco.
Importante il coinvolgimento dell’Académie Culture-Santé del Théatre de la Ville, piattaforma di scambio tra cultura e medicina che approfondisce i punti di contatto tra salute ed arte. Studenti di medicina francesi provenienti dal Gruppo ospedaliero de la Pitié-Salpêtrière incontreranno medici, praticanti e studenti italiani (1aprile) e daranno poi vita a una speciale replica di “Ionesco Suite” (2 aprile) durante la quale, affiancando gli attori, illustreranno al pubblico i comportamenti patologici dei personaggi della pièce. Ma saranno gli attori ad apprendere e sentire il “vissuto” dei pazienti, imitarne la mimica e le défaillance, per raccontare tuttavia, come ha precisato Demarcy-Mota, che «la malattia non è una diminuzione, ma un aumento dell’essere».

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