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Chissà quel boomer di Ovidio come lo chiamava, il rossetto, ai suoi tempi...

Questo pezzo nasce dalla sensazione di straniamento che abbiamo provato imbattendoci casualmente in un talent dal titolo “Call of Beauty” in onda il sabato pomeriggio su Real Time, nel quale otto giovani si sfidano per diventare Brand Ambassador e prendere parte a Los Angeles alla campagna promozionale indetta da un’azienda che commercializza cosmetici. I concorrenti, truccatori e Tiktoker, devono dare prova di essere tecnicamente preparati nella realizzazione di un trucco e di concepire un look a tema secondo le indicazioni fornite dall’esperto Manuele Mameli – che non a caso è il truccatore di fiducia di Chiara Ferragni – che li giudicherà insieme con l’influencer Giulia De Lellis. Un programma, insomma, realizzato ad uso e consumo dello sponsor ma, alla fine, abbastanza gradevole da vedere, perché è breve, presenta giovani di vari contesti e fornisce utili suggerimenti di cosmesi. Ciò che però ci ha destabilizzato è l’uso di una terminologia talmente specifica da averci fatto dubitare che i prodotti di cosmesi che abbiamo nel cassetto fossero coevi a quelli di Nefertiti che segnava il contorno occhi con la fuliggine. Cioè, come vi truccate? Anzi, scusate, come curate il vostro make up? Con il fondotinta? Orrore, ci vuole lo skin foundation, che può essere matt, compact, e comunque sempre con un tocco shimmer: il fatto che sia più vicino possibile al colore dell’incarnato, alla fine è una mera eventualità. E il fard? Vi mettete ancora il fard per dare colorito alle guance? Errore. Ci vuole una palette contouring e poi potete usare il blush o il bronzer. Stendete l’ombretto? Siete all’età della pietra, si chiama eyeshadow, mentre la matita, che già i più estroversi chiamavano kajal e eyeliner, si chiama ora eyespencil o maker eyebrow se è per le sopracciglia. Mi raccomando prima di ogni prodotto c’è il primer, che sarebbe come l’aggrappante che i pittori mettono prima di stendere la tinta sulle pareti. Il resto è tutto un tripudio di glam, creator, outfit, smart, glitter, shine e tutorial. Ora, capiamo che il programma è predisposto per una generazione che fa uso di termini anche più incomprensibili di quelli sentiti, ma sempre di un programma tv si tratta, su un canale in chiaro e teoricamente destinato a tutti. Ma per una logica certamente commerciale si adotta un lessico di tendenza che deve suscitare attrattiva nei confronti del pubblico di riferimento – quasi fosse uno slang che esclude una fascia di pubblico, emarginandola per età e riferimenti culturali. Per questo rivendicando la nostra antichità, vorremmo concludere con una frase di Ovidio: «Forma bonum fragile est», ovvero «La bellezza è una merce fragile».

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