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Brunori Sas e «la vita com’è». Colloquio col cantautore cosentino, che ha firmato un brano nel film di Alessandro Bardani

Un indomito “canzonettaro” con un grande amore per il cinema, in cerca di quel particolarissimo “attrito” che si crea con il regista

E’ il cinema, bellezza. Ma a volte lo dimentichiamo. Per fortuna ci sono eventi che ci ricordano del fascino prorompente delle sale: al cinema Citrigno di Cosenza è andato in scena «Il più bel secolo della mia vita», con Sergio Castellitto e Valerio Lundini. Seduti in platea, due ospiti d’eccezione: il regista Alessandro Bardani e il cantautore cosentino Brunori Sas che col suo brano inedito «La vita com’è» ha impreziosito la colonna sonora del film.

Una prima visione per Cosenza, quella del lungometraggio di Bardani, già grande successo all’ultimo Giffoni Film Festival dove ha ricevuto il premio della sezione Generator +18, coronato da un’emozionante standing ovation. «Il più bel secolo della mia vita» è un racconto che rivela per toni e note la sua origine teatrale, l’omonima pièce è stata scritta, diretta e portata al successo dallo stesso Bardani insieme con Luigi Di Capua.

C’è un incontro. Di fronte un anziano signore, al confine del secolo anagrafico ma coerente con il bambino di un tempo, e un giovanotto che la bellezza del suo essere, ancora a metà strada tra 20 e 30 anni, se la sta perdendo per approfondire il suo passato con il rischio di lasciar andare anche il presente. Dulcis in fundo, spunta «La vita com’è», pezzo inedito di Brunori Sas che spiega in musica e parole l’essenza del film. Il cantautore calabrese non è nuovo all’universo di celluloide, in cui è entrato firmando le colonne sonore di due commedie di Aldo, Giovanni e Giacomo, «Odio l’estate» (2020) e «Il grande giorno» (2022).

È nata prima «La vita com’è» o «Il più bel secolo della mia vita»? Raccontaci com’è andata…
«No, è nato prima il film che mi era arrivato sotto forma di sceneggiatura. L’ho letta e mi ha molto convinto. Quando Alessandro Bardani me l’ha mandata, stavo lavorando per la pellicola di Aldo, Giovanni e Giacomo (“Il grande giorno”) e mi è dispiaciuto non poter comporre tutta la colonna sonora. Ma gli avevo promesso una canzone e leggendo la sceneggiatura mi è venuto fuori l'incipit: “Avere vent'anni o cento, non cambia poi mica tanto se non riesci a vivere la vita com'è”. E da quel piccolo spunto, a cui ho lavorato con Riccardo Sinigallia, che ha prodotto il brano, e vedendo il primo premontato, c'è stata la svolta».

La colonna sonora di «Odio l’estate» e poi quella di «Il grande giorno», ormai si può dire che hai preso il posto di Samuele Bersani nel cuore musicale di Aldo, Giovanni e Giacomo…
«No, direi proprio di no, ma sono sicuro del fatto che loro, così come Massimo Venier, che è il regista con cui collaboro più strettamente nella realizzazione delle colonne sonore, hanno sempre avuto un occhio di riguardo rispetto alle musiche e alle canzoni dei film. I brani non sono mai stati inseriti a semplice corredo e questa è una cosa che mi ha convinto. Inoltre, quando ho composto la colonna sonora per “Odio l’estate” è stato un giubilo totale perché era praticamente il ricordo che avevo con i miei genitori, con mio padre in modo particolare, di serate fantastiche. E per me rappresentava una sorta di richiamo a quelle serate familiari».

Scrivere e comporre per il cinema: Brunori Sas come prepara la colonna sonora di una pellicola cinematografica?
«All’inizio, in realtà, mi sono lanciato! Ho sempre scritto canzoni quindi la primissima era proprio quasi solo canzoni, quella che ho creato con Lucio Pellegrini, poi ci ho preso gusto e ho cominciato a capire che poteva essere interessante innanzitutto lavorare al servizio di un altro. Nei film, l'artista è il regista, e con questa cosa il tuo ego deve farci i conti. Ma è una sorta di attrito molto interessante che si crea col musicista. Ché poi il ritmo del film e quello delle musiche vanno di pari passo. Così, prima, ho sempre voluto leggere attentamente la sceneggiatura e capire, con il regista, cosa lui si aspettasse dalle canzoni: se dovevano essere didascaliche oppure d’attrito rispetto a ciò che si vedeva in scena. Stabilito ciò, lavoro prima su dei temi portanti, sempre cose cantabili, perché sono un canzonettaro, e devo dire che mi sto divertendo molto. È un bel gioco perché ti fa uscire fuori dall'incubo, dalla prigione che a volte è la canzone, che è un piacere ma è anche un dolore».

Te l’hanno mai detto che c’hai una faccia da cinema? E magari, dopo quel cameo con Colapesce e Di Martino nel film “La primavera della mia vita”, hai pensato: quasi quasi…
«Ho sempre fatto i cameo nei film nel ruolo di me stesso, quindi è chiaro che i registi non puntano su di me, evidentemente quello che stai dicendo è il tuo pensiero personale (ride). Io ci provo sempre a infilarmi, anche con Colapesce e Di Martino sono un improbabile Jim Morrison, però i risultati, effettivamente… insomma ancora dobbiamo lavorare da quel punto di vista (ride). Ma è perché non sfruttano la mia potenzialità, a me fanno fare sempre la parte del buffone. Io sono un attore drammatico anzi melodrammatico, sono un po' Mario Merola però ancora non l'hanno capito. Dovrebbero farmi fare un film neomelodico calabrese alla Mario Merola, tipo u’ zappatore… u’ zappatore nun s’a scorda ‘a mammà».

Domanda d’obbligo, cos’hai in serbo per il futuro prossimo? A cosa stai lavorando?
«Sicuramente la scrittura di un album nuovo. Sto lavorando da un po' di tempo a canzoni nuove, mi piacerebbe tanto che fosse un album di rigenerazione. Sono arrivato al sesto disco e quindi penso sia un traguardo che va in qualche modo festeggiato, non con una conferma con la reiterazione, magari con uno spostamento, non una rivoluzione, ma, appunto, una rigenerazione. Mi piacerebbe molto. Stiamo scrivendo ora, vediamo quando e come verrà fuori. Non mi do dei tempi perché preferisco che le cose vengano naturalmente… spero entro il 2030!».

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