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Bret Easton Ellis e le sue «schegge» di follia

Del nuovo attesissimo romanzo di Bret Easton Ellis, “Le Schegge” (Einaudi, traduzione di Giuseppe Culicchia), salta subito agli occhi l’inaspettata rassomiglianza con la scrittura di Alberto Arbasino, soprattutto quello di «Fratelli d’Italia», romanzo del 1963, poi riscritto nel 1976. Era dai tempi di «Bianco» che Ellis non pubblicava un romanzo, ben 13 anni. Ma un suo libro bello e drammaticamente lacerante come questo «Schegge» non lo leggevamo dagli anni 90, forse addirittura dai tempi di «American Psycho».
Qui ritroviamo Bret Easton Ellis “in purezza”: erotico, inquietante, ambiguo, violento. Ma anche spudorato, lucido nelle affilate riflessioni su memoria e desiderio, ma soprattutto armato di una narrazione spietata e vera nel rappresentare questi nostri tempi «paranoici e puritani». Com’era “nuova” la libertà che si respirava in un romanzo come «Fratelli d’Italia» nel ’76, adesso fa a scuola a sé la capacità di Ellis di raccontare amore, eros e sensibilità emotiva. La storia che racconta è ambientata nell’autunno del 1981, quando la vita di un gruppo di diciassettenni californiani che frequentano l’elitaria Buckley School viene sconvolta dall’arrivo di un ragazzo «tanto affascinante quanto disturbato e perverso».
Come sempre in Ellis c’è l’aspetto nero e conturbante fornito dalle profondità inesplorate della psiche umana. Lo scrittore diventa allora come un sommozzatore che dopo l’ultima immersione scopre che sul fondo c’è proprio lui. Non un relitto, alla maniera proustiana. Né un fantasma, alla Henry James. No, proprio lui. Si parte dai ricordi di BretEastonEllis, con lui protagonista in prima persona, per poi trovare, strada facendo, una storia, anzi, la storia, che riguarda il mistero che circonda la coincidenza dell’arrivo di Robert Mallory, lo studente disturbato e perverso che affascina tutti, con l’irrompere in città – una Los Angeles sensuale, violenta, traboccante di feste in piscina e musica new wave, vodka e cocaina – del Pescatore, un serial killer che imperversa: «… se la primavera e l’estate del 1981 erano state il sogno, qualcosa di paradisiaco, allora il mese di settembre rappresentò la fine di quel sogno con l’arrivo di Robert Mallory».
Il giovane Bret protagonista del romanzo e alter ego dello scrittore viene travolto e ammaliato dal fascino ambiguo di Robert, nei confronti del quale sviluppa una vera e propria ossessione. Ma nel contempo, la sua stessa esistenza è lacerata da un altro incubo ossessivo, che riguarda il Pescatore, l’assassino seriale che non solo sta mietendo vittime a Los Angeles, ma sembra «deciso a colpire il gruppo di amici di Bret, e Bret stesso…». Ellis costruisce questo monumentale romanzo da un lato in modo classico, sulla struttura portante del percorso iniziatico dell’adolescente Bret – quasi un bildungsroman, insomma – che sta scoprendo la sua vocazione letteraria e la sua omosessualità; ma dall’altro sposta ambiziosamente il suo bersaglio creativo verso «i territori da cui nessun viaggiatore ha mai fatto ritorno», la sempre fertile valle dell’orrore, dove imperversano (e dominano la narrazione) atti di violenza terrificanti e presagi di morte.

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