Arriva al cinema l'opera prima del regista partenopeo Diego Santangelo, «A Muzzarell’», con Martina Varriale, Daniele Aiello, musiche di Adriano Pennino e Partenope. Un viaggio di redenzione di due adolescenti persi nelle storture della società moderna. Il film, prodotto dalla Santangelo Media Studios, con il supporto del Ministero della Cultura e del Festival Corto Flegreo e con il patrocinio del Parco Archeologico dei Campi Flegrei e del Comune di Pozzuoli, con al suo attivo già 14 riconoscimenti internazionali, tra vittorie e selezioni, arriverà in sala a partire dal 15 febbraio.
Daniele, dodicenne di Castel Volturno, sta per perdere la nonna che vive a 40 km di distanza, a Bagnoli nei Campi Flegrei. L’ultima volontà della donna è mangiare una mozzarella fatta dal figlio, il padre di Daniele, allevatore di bufale. Il ragazzo decide di accontentare la nonna ed intraprende un viaggio, prima in motorino e poi a piedi, in compagnia della sua crush, Martina. Il viaggio diventa un percorso alla scoperta di se stesso e al tempo stesso una via di fuga dalla realtà. Alla morsa della droga e dell’emarginazione sociale, al clan di spacciatori, di cui il ragazzo rischia di diventare corriere, si oppongono incontri imprevisti con persone non comuni ed esperienze paranormali che affiorano con insistenza, scatenando in Daniele ricordi di un’età felice dimenticata troppo presto. Su tutto aleggia la misteriosa presenza di una donna che appare in diverse vesti ed età e che sembra affiancarlo nel suo viaggio verso la libertà.
Si delinea un percorso intimo in cui i due ragazzi esplorano le aeree degradate della periferia campana fino a raggiungere il potenziale paradiso urbano dei Campi Flegrei, tra il Tempio di Diana e quello di Apollo, le Terme Romane di Baia e l’antro della Sibilla. Incontreranno lungo il loro cammino spacciatori, prostitute e figure gentili che li condurranno verso la giusta strada da intraprendere nella vita. La condizione di forte rischio e di potenziale devastazione che vivono i nostri adolescenti, soprattutto quelli che oggi si affacciano alla vita, cresciuti nella frenesia della mobilità di genitori sempre in corsa – assenti, spesso divorziati, disperati, che hanno smarrito la rotta della genitorialità – nella più assoluta incomprensione di un mondo digitalizzato e “socialized”: una società di bulli in competizione per la griffe, il cellulare, la curva da stadio, l’anoressia da app che filtra forme e liscia la pelle creando cloni perfetti, un mondo impossibile ma concretamente virtuale, che si sostituisce al mondo reale fatto di affetti e relazioni umane.
«Nel film – spiega il regista Santangelo – la descrizione dei luoghi e delle situazioni più tipicamente criminose è compressa in poche scene, piuttosto è la possibilità di redenzione e salvezza che spinge a raccontarne la storia».
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