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E de Nittis “vide” la vita moderna. Bellissima mostra al Palazzo Reale di Milano

Nella sua breve vita il pittore trovò una felicissima propria cifra tra Macchiaioli e Impressionisti

Per meglio poter seguire i personaggi e i movimenti del plein air fine-Ottocento, siccome a Parigi non erano ammessi pittori “di strada”, acquistò addirittura una carrozza, dalla quale poteva finalmente carpire in piena libertà quanto gli passava davanti. Forse per questo la sua pittura è così viva, immediata, fotografica. Si tratta di Giuseppe de Nittis. A lui per la prima volta Palazzo Reale di Milano dedica una grande mostra monografica, curata da Fernando Mazzocca e Paola Zatti, fino al 30 giugno: «De Nittis, pittore della vita moderna». Sono esposti circa 90 tra olii e pastelli, provenienti dalle grandi Gallerie e da collezioni private del mondo intero.

De Nittis (Barletta 1846- Parigi 1884) è un “caso” nel panorama della pittura. Una vita – assai breve – percorsa da drammi, esperienze, trionfi, popolarità internazionale, e poi un nome a volte sottovalutato. Nato in famiglia benestante, a 3 anni orfano di madre, due anni dopo subì il suicidio del padre, vittima di disavventure politiche. Fu affidato ai nonni. Iscritto all’Accademia delle Belle Arti, venne espulso per indisciplina. Era comunque la sua strada, anche se, invece di copiare i greci classici, coltivava il singolare talento di andare a dipingere all’aperto. Non ci sarebbe voluto molto perché a Firenze, dove si recò nel 1866, incontrasse quei giovani rivoluzionari che passavano per «Macchiaioli».

Un sostenitore, Adriano Cecioni, lo incoraggiava sul «Giornale artistico». L’anno dopo era a Parigi. Lì agivano altri giovani fantasiosi detti «Impressionisti». Quel che ci voleva per lui. Fu considerato uno dei loro e come tale, nel 1872, accettato, unico non francese, ad esporre al Salon. Un successo incredibile.
Nel frattempo aveva anche trovato l’anima gemella, Léontine Gruvelle, che giocò un ruolo fondamentale nella vita del giovane artista, celebrato, con Boldini, come il più grande rappresentante italiano della pittura e addirittura insignito, nel 1878, della Legion d’onore. In quegli anni de Nittis si divise tra Parigi e Londra, diventando l’illustratore per eccellenza di quel fin de siècle.

Al colmo del successo, avrebbe voluto lasciare la città e rintanarsi in campagna, a diretto contatto con la natura, ma fu stroncato da un ictus cerebrale, davanti al suo cavalletto. Aveva 38 anni. Quasi il tempo per non aver «visto cader dal cielo che gli aquiloni».
Quel cielo tanto amato: «Ne ho dipinti di quadri! Cieli! Soltanto cieli. Li ho amati tutti. Amo la vita. Amo la pittura. Amo tutto ciò che ho dipinto». È questa felicità che sprigiona dai quadri di de Nittis a farne un unicum irripetibile. Una leggerezza travolgente, elegantissima. Che dipinga leggiadre figure femminili (Léontine è la modella costante) o passeggi lungo i viali cittadini o paesaggi campestri, è tutto aereo, immediato, fotografico.

La fotografia sarà uno dei grandi interessi che De Nittis divide con Degas e Manet, suoi intimi amici. Passando in rassegna gli splendidi olii e pastelli della Mostra, si avverte subito una cifra personalissima che lo distingue dagli Impressionisti, anche se i temi sono a volte identici. Non per niente egli sarà maestro del pastello, tecnica che permette sfumature, trasparenze, guizzi particolari. De Nittis era anche velocissimo nell’usare il pennello e questa immediatezza vivifica i suoi soggetti come pochi altri sanno fare. Si consideri Léontine che pattina, in un turbinio di fiocchi neve, con la pelliccia un po’ bagnata, i lunghi peli della pelliccia scomposti, con la fretta per andare ad asciugarsi. Anche nel ritratto «Giornata d’inverno», giocato su poche tonalità: grigio, bianco, argento, tutto è malinconicamente effimero. E il pudico riguardo di trattare il nudo, sorprendendo la figura di spalle, con molle eleganza – in «Nudo con le calze rosse». Ma è soprattutto negli squarci d’insieme, nel passeggio alle Tuileries o ai lungo Tamigi che i personaggi raccontano questi anni che stanno entrando nel mondo “moderno”.

«Place des Piramides» o «pranzo a Posillipo» denunciano una uguale cura del particolare: captare l’immediato. Come in quello straordinario «Passa il treno» dove il treno è annunciato da un fumo invasivo quasi roboante. Ne «La colazione in giardino» dalla tavola apparecchiata si è alzato un commensale che ha lasciato al suo posto il tovagliolo, pegno di un prossimo ritorno (che non ci sarà: è l’ultimo quadro di de Nittis).

Alla morte di del pittore la famiglia ha un crollo finanziario. Léontine aveva creato un salotto mondano di alta frequentazione ma grande dispendio, contraendo debiti rovinosi. Come era accaduto per Mozart, la giovane vedova dovette rimboccarsi le maniche. Lo fece con grande coraggio e, alla fine, riuscì anche a donare alla città natale, Barletta, la più grande parte della collezione delle opere del celebre marito.

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