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Quei «pesci piccoli» di Alessandro Robecchi. Il decimo romanzo del papà di Monterossi

Scrittore, giornalista, apprezzatissimo autore per la televisione (tra le altre cose, anche degli spettacoli di Maurizio Crozza) e per il teatro, autore radiofonico (per Radio Popolare, di cui è stato direttore, e con la striscia satirica «Piovono pietre» ha avuto il Premio Viareggio per la satira politica 2001), Alessandro Robecchi firma con la sua penna prolifica e geniale il nuovo romanzo, il decimo della serie di cui è protagonista Carlo Monterossi, «Pesci piccoli» (Sellerio), un piccolo capolavoro di dura denuncia sociale, pur con la cifra ironico-sarcastica che è congeniale allo scrittore milanese.

Una bella storia, quella di «Pesci piccoli», con un nuovo personaggio femminile, cui Rebecchi, come ha detto, tiene molto, la dolce Teresa, una donna delle pulizie che improvvisamente si ritrova a sognare per una serie di circostanze in cui il Caso muove i fili dei fatti.

Ma cosa significa per Robecchi stare nella pancia di un personaggio come Monterossi? Significa stare nei panni di chi oggi vive tra conflittualità e compromessi morali, di chi si trova a vivere con malessere crescente nel suo doppio, diviso com’è tra il giusto e il conveniente. Monterossi infatti, per chi non lo conoscesse, è un autore televisivo che con la tv del gossip strappalacrime ha fatto i soldi assieme a Flora De Pisis, la cinica conduttrice di «Crazy Love», la trasmissione-squalo che afferra e ingoia le vite degli altri per ottenere ascolti record.

Ma nella sua seconda, parallela, vita Monterossi collabora, quasi per emendarsi, con due amici detective, Oscar Falcone e Agatina Cirrielli, titolari della Sistemi Integrati. Così, mentre da un lato Flora De Pisis lo manda a Zelo Surrigone, poco lontano da Milano, per tirar fuori una puntata televisiva scoop con il caso di un crocifisso “miracoloso” che si mette a luccicare nella comunità di un santone, l’ex prete don Vincenzo insieme alla sua perpetua, un’ex attrice di pellicole porno, dall’altro Monterossi collabora con la Sistemi Integrati su uno strano furto di documenti e di una chiavetta usb denunciato all’agenzia investigativa dal manager della Italiana Grandi Opere, che si occupa di grandi costruzioni nel mondo.
Intanto i poliziotti Ghezzi e Carella inseguono «pesci piccoli» con le loro storie di piccoli crimini di sopravvivenza, consapevoli che i «pesci grandi» stanno in alto mare, e che «servono tanti perdenti per alimentare il mito della città vincente», la Milano ricca e indifferente a tante vite di ordinaria disperazione.

Come dice il Manzoni citato nell’esergo del romanzo, «i poveri ci vuol poco a farli comparir birboni», e perciò a quel mondo guarda Monterossi, lui che è il re della finzione televisiva, attratto dalla umanità di gente semplice come Teresa e immalinconito quando, in conclusione dei due casi, il furto (anch’esso una situazione di finzione) e il finto miracolo, rientra nella sua bella casa mentre fuori c’è «gente che pena, che striscia, che si taglia dei pezzi per sopravvivere, che può finire in ginocchio in ogni momento e non rialzarsi più».

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