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Il destino segnato di quei "figli dei chiodi"

Sono, a modo loro, “eroi” tragici di un quotidiano di violenza, i personaggi di «I figli dei chiodi» (Vallecchi), romanzo del marchigiano Alessandro Morbidelli, docente dell’Accademia di Belle Arti e Design Poliarte di Ancona e scrittore di storie d’ambientazione spesso di un’oscurità greve e fosca, che, tuttavia, tra fatalità e necessità, si aprono a uno spiraglio di speranza: quella di poter decidere del proprio futuro, di poter riscattarsi da un destino di odio condiviso, benché la responsabilità della scelta significhi rischio e ancora dolore.

Cercano un varco nell’amicizia che li lega da bambini Cosimo e Mina, fratello e sorella figli dei capi, e Sergio, Carlino e la bellissima Rosa, figli degli ultimi. Ma la “magia” dei giochi dell’infanzia, per quanto già in bilico sull’abisso, segnata com’è da ore in cui si addensano le nubi, bisticci, tormenti familiari e giornate buie, termina nel 1989, quando in una Puglia garganica sventurata, all’ombra delle faide mafiose, nella luce violenta di un’estate, la brutalità degli adulti li fa diventare «figli dei chiodi»: ognuno di loro possiede il chiodo, simbolo dell’affiliazione al clan e della violenza che vincolò Cristo alla Croce.

Le colpe dei padri ricadono sui figli che devono portare su di sé il fardello del “regno” da perpetuare: perciò Cosimo deve “regnare” e trent’anni dopo, con una vita dissipata tra violenze, deve regolare i conti con un nemico di sempre di suo padre: il Drago, anche lui fatale “re” di esistenze. Così si ritrova a Milano, ospite di un hotel di proprietà della famiglia che deve sterminare, e lì i giorni scorrono tra ricordi che lo riportano indietro a quell’ultima estate “innocente” del 1989 mentre vive un presente vuoto di desideri su cui incombe il “dovere” della vendetta. La solitudine lo perseguita, ma la vita, l’altrove appena immaginato sono rappresentati dall’innocenza del piccolo Giacomo, progenie di quella stirpe maledetta da distruggere, e dall’empatia dimostratagli dal bambino; ma intanto Cosimo è prigioniero senza scampo della mostruosità che accomuna lui e Sergio, e Carlino e Rosa, già vittime queste «di chi è diventato mostro degno di comandare altri mostri».

Sono spesso noir corali i libri di Morbidelli (dal 2020 presidente di giuria del Concorso letterario Città di Grottammare e direttore artistico del Festival Lacrima in Giallo), storie di tutti i giorni in cui la perdita dell’innocenza e il passaggio ad una condizione adulta oscura coinvolge tutti, vittime e carnefici, in bilico tra bene e male.

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