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Torna a salire la disoccupazione, sempre meno lavoratori trentenni e quarantenni

Sale la disoccupazione, che torna al 10,7%, e riprende a calare il numero di quanti dichiarano di avere un lavoro: -14 mila nel totale ma -33 mila se si guarda ai posti 'fissi'. Questo il bollettino dell’Istat sul mese di febbraio.

Un mese che conclama la 'crisi' degli under50, o meglio dei trentenni e quarantenni. In questa classe d’età centrale, che tra l’altro rappresenta lo zoccolo duro del sistema produttivo di un Paese, si contano sempre meno lavoratori. E, mette in chiaro lo stesso Istituto di statistica, non è solo una questione demografica. Per i giovanissimi, sotto i 25 anni, le cifre si muovono poco, il tasso di disoccupazione è al 32,8%, ma nel confronto con il resto d’Europa risulta che a fare peggio dell’Italia è rimasta solo la Grecia. Il Governo però invita alla cautela, spiegando che le novità introdotte hanno bisogno di entrare a regime.

«Non sono preoccupato», dice infatti Matteo Salvini. Nel complesso la schiera dei senza lavoro è cresciuta a febbraio di 34 mila unità. La distanza con i livelli pre-crisi è ancora notevole, stiamo poco oltre metà strada rispetto ai minimi. Resta anche il divario con l’eurozona, dove a febbraio il tasso di disoccupazione si ferma al 7,8%. La disoccupazione aumenta perché scende il numero di quanti un impiego lo avevano. E stavolta le perdite si concentrano tra i dipendenti, calano anche quelli a termine (-11 mila), mentre gli autonomi, spesso protagonisti di forti discese, segnano un deciso rialzo (+30 mila). Su base annua comunque prevalgono i segni più su quasi tutti i fronti, in primis per il numero di chi è assunto con un contratto a termine che, nonostante il ribasso di febbraio, si mantiene sopra i 3 milioni.

L’Istat parla di movimenti ancora altalenanti e «contenuti" sia in un verso che nell’altro, considerando i tempi ancora non maturi per fare un bilancio del decreto Dignità e per capire come le dinamiche del reddito di cittadinanza potranno influenzare il mercato del lavoro. Appare invece sempre più chiara la difficoltà dei 35-49enni. In un solo mese sono scesi di 74 mila unità, che diventano 216 mila su base annua. C'è sicuramente un effetto babyboomer: un segmento di popolazione che sta uscendo dalla classe d’età centrale per avvicinarsi a quella più prossima alla pensione. Ma anche al netto degli effetti demografici è evidente come la classe intermedia, in termini anagrafici, sia andata peggio delle altre nell’ultimo anno: per tutte si nota un incremento nell’occupazione tranne che per i 35-49enni.

Se i più grandi sono costretti a permanere sul lavoro a causa delle riforme previdenziali e i più giovani possono beneficiare di qualche incentivo, i trentenni e i quarantenni restano a secco. Sempre l’Istat calcola che l’Italia abbia perso nell’ultimo anno circa 400 mila lavoratori sotto i 50 anni. Un indice di invecchiamento della popolazione e di perdita di competitività. Dati che allarmano i sindacati: «cresce solo l’occupazione di bassa qualità», denuncia la Cgil, che rivendica l’apertura di "un tavolo» che affronti le problematiche legate agli ammortizzatori sociali.

Appelli e preoccupazioni condivisi dalla Cisl: «i provvedimenti chiave del Governo sul lavoro, decreto dignità, quota 100 e reddito di cittadinanza, non aggrediscono in alcun modo la questione centrale, che è quella della mancata crescita economica». Considerazioni condivise dalla Uil, che giudica «insufficiente» l’impegno del Governo per dare una soluzione alla 'questione giovanilè. Anche le opposizioni insistono sul punto ma il vicepremier Matteo Salvini getta acqua sul fuoco, consigliando di aspettare «i prossimi mesi» per potere vedere gli effetti delle misure varate dall’esecutivo.

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