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Vita lavorativa breve in Italia: ultima nell'Ue, faticano i giovani e le donne

Gli italiani lavorano di più e più a lungo, ma il gap con l’Europa resta ampio, soprattutto per il ritardo nell’inserimento al lavoro nei giovani. E’ la fotografia scattata da Eurostat sulla durata di vita lavorativa, che pone
l'Italia all’ultimo posto nell’Unione europea, con 31,8 anni a fronte dei 36,2 medi in Ue, con una distanza di oltre dieci anni rispetto alla Svezia (41,9).

L’ufficio europeo di statistica prende in considerazione la vita attiva futura nel mercato del lavoro delle persone di 15
anni al momento della rilevazione. Per l’Italia segnala un minimo miglioramento rispetto al 2017, quando gli anni di vita lavorativa si fermavano a 31,7, ma va detto che l’Europa ha messo una marcia in più, visto che il dato comunitario è cresciuto di 0,3 punti da 35,9 del 2017.

La perfomance italiana è particolarmente critica se si guarda alle donne, che totalizzano appena 27 anni di vita lavorativa attesa, a fronte dei 33,7 medi nell’Ue a 28.  Rispetto al 2008, prima quindi che entrassero in vigore le regole sull'aumento dei requisiti per l’accesso alla pensione legati all’aspettativa di vita, ma anche la legge Fornero, gli anni di vita lavorativa attesa in Italia erano 30 (quindi 1,8 in meno di quelli del 2018) a fronte dei 34,3 in Europa con le donne ferme a 24,4 (quindi 2,6 in meno degli attuali) a fronte dei 31,1 medi in Ue.

Il dato italiano sulla vita lavorativa si spiega sia con l'accesso al pensionamento spesso anticipato rispetto all’età di
vecchiaia, ma soprattutto con la scarsa partecipazione al mercato del lavoro delle donne e con l’ingresso ritardato dei giovani, spesso inattivi a lungo dopo la fine o l’interruzione degli studi.

Se si guarda ai dati sull'occupazione dei giovani al termine degli studi emerge che nel 2018 solo il 59,8% dei laureati
italiani aveva un’occupazione entro tre anni dalla laurea a fronte dell’83,6% dell’Ue a 28. E nonostante il miglioramento rispetto al 2017 (la percentuale era al 58%) il dato è il peggiore in Ue dopo la Grecia e quasi 34 punti inferiore alla Germania (93,7%). Per i diplomati la percentuale di chi lavora a tre anni dal diploma è del 48,9% a fronte del 76,5% in Europa.

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